Ad alcune settimane dalla collisione tra la petroliera iraniana Sanchi e una nave cargo di Hong Kong nel Mare Cinese orientale, che ha causato la morte di 32 persone dell'equipaggio della prima, nonché alcuni giorni di incendi ed esplosioni, restano ancora molte domande aperte sulla chiazza di idrocarburi fuoriuscita dai serbatoi. Non si conoscono la sua esatta misura, la sua composizione chimica e la velocità di espansione. Non si sa come interagisca con la vita marina né quali siano i suoi effetti nel breve e nel lungo periodo.
Sfuggente. Al momento dell'incidente, la Sanchi stava trasportando 136.000 tonnellate di condensato verso la Corea del Sud: questa miscela di idrocarburi leggeri è un sottoprodotto della distillazione del gas naturale (si trova allo stato gassoso nei pozzi). Estremamente volatile, è in genere incolore e inodore, e molto più difficile da individuare e separare dall'acqua rispetto alle chiazze di greggio di altri famigerati disastri, come quello della Deepwater Horizon (Golfo del Messico, 2010) o della Exxon Valdez (Alaska, 1989).
Nemico poco conosciuto. Le autorità al lavoro sull'area stimano che la chiazza superi ormai i 332 km quadrati e si sia suddivisa in tre principali ramificazioni. Il condensato non si è mai riversato in mare in tali quantità e mancano i protocolli per un intervento adeguato.
A differenza del greggio, il condensato non si accumula in grandi macchie scintillanti sulla superficie né sprofonda sul fondale oceanico, come fanno alcune pesanti componenti del petrolio. Ma brucia, evapora o si dissolve sulla superficie, dove alcuni suoi residui potrebbero persistere per settimane o anche mesi. Rispetto agli effetti a lungo termine di altre perdite di idrocarburi, questa potrebbe preoccupare maggiormente per le conseguenze nel breve periodo.
Gli effetti sulla fauna. I fumi della combustione avrebbero ucciso, secondo gli esperti, buona parte del fitoplancton, degli uccelli e delle creature acquatiche presenti nell'area dell'incidente. Non conoscendo la frazione di condensato dissolta in acqua è più difficile stimare i danni futuri, ma questi idrocarburi sono classificati come potenzialmente cancerogeni, ustionanti e tossici se inalati o ingeriti dalla fauna marina. Il disastro è avvenuto in un'area che secondo Greenpeace si trova sul percorso migratorio di molti mammiferi marini, (come la megattera, la balena franca e la balena grigia) e che è importante per la riproduzione di molti pesci.