Ormai lo sappiamo bene: la CO2 contribuisce al riscaldamento globale, e le attività umane stanno aumentando il ritmo con cui questo gas viene immesso in atmosfera. È anche vero che non siamo stati noi a "inventarci" questo problema: la CO2 è sempre esistita, anche in passato ci sono stati eventi che ne aumentavano la concentrazione.
Il problema è che noi lo stiamo facendo troppo rapidamente: uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences spiega che la velocità a cui stiamo pompando CO2 in atmosfera è dieci volte superiore a quella registrata durante l'ultimo periodo di aumento naturale, avvenuto 7.000 anni fa.
Cos'è successo 7.000 anni fa? Per andare in cerca di un altro periodo di picco di CO2, il team della Oregon State University ha analizzato campioni di ghiaccio antartico, che contengono un record di tutte le variazioni di questo gas nel corso dei millenni. Il periodo individuato risale a 7.000 anni fa, poco dopo la fine dell'ultima era glaciale, quando nel pianeta si verificarono quelli che vengono chiamati eventi di Heinrich: il distacco di grossi gruppi di iceberg dalla calotta artica, finiti nell'oceano e responsabili di una serie di reazioni a catena che coinvolsero anche i monsoni tropicali e i venti occidentali dell'emisfero Sud. Una situazione complessa il cui risultato fu l'immissione di grandi quantità di CO2 in atmosfera.
Dieci volte tanto. Per fare una proporzione, per raggiungere la stessa quantità di CO2 emessa al ritmo attuale bastano 5 anni: la velocità si è quindi decuplicata rispetto all'ultima volta che la Terra è passata da un evento di emissioni estreme. Il problema non è solo legato all'effetto serra: la situazione attuale sta influenzando, proprio come 7.000 anni fa, anche i venti occidentali, il che nei prossimi anni ridurrà la capacità degli oceani di trattenere CO2, aumentando quindi ulteriormente le emissioni. La situazione, quindi, potrebbe rapidamente precipitare nei prossimi decenni – ma questo, tutto sommato, lo sapevamo già.