La provocatoria tesi di uno scienziato tedesco afferma che anche una fonte rinnovabile come l’energia eolica in realtà metterebbe a rischio il bilancio energetico del pianeta. E non sarebbe nemmeno così tanto verde. Per rendersene conto è suffciente applicare alla lettera i principi della termodinamica. (Focus.it 18 aprile 2011)
Le fonti energetiche rinnovabili sono, per definizione, inesauribili. Anzi, lo erano fino a qualche settimana fa, quando un fisico tedesco si è messo a fare qualche calcolo e ha concluso che lo sfruttamento intensivo dell’energia eolica e delle correnti marine non solo potrebbe minare pericolosamente l’equilibrio energetico del pianeta, ma potrebbe causare all’ambiente più danni di quelli provocati dalle emissioni di CO2.
La notizia è decisamente scioccante, al punto da essersi guadagnata la copertina di uno degli ultimi numeri di New Scientist. Possibile?
Nulla si crea, nulla si distrugge
Eppure Axel Kleidon del Max Plank Institute di Jena (Germania), è sicuro: gli sforzi profusi dagli scienziati per ottenere energia dal vento e dal mare finiranno per provocare irreversibili cambiamenti climatici.
La provocatoria tesi di Kleidon si fonda sulle leggi fondamentali della termodinamica: quando i raggi solari entrano nell’atmosfera, una parte di essi favorisce la formazione dei venti e delle correnti oceaniche ed è responsabile dell’evaporazione delle acque. La restante parte viene per lo più dissipata in calore (entropia) e noi non riusciamo a utilizzarla.
Oggi impieghiamo solo 1 parte su 10.000 dell’energia totale irradiata dal Sole, ma secondo Kleidon questo calcolo è fuorviante perchè andrebbe considerata solo l’energia utilizzabile, detta anche energia libera.
Gli esseri umani consumano circa 47 terawatt di energia, cioè 47.000 miliardi di watt: secondo Kleidon equivalgono al 5-10% dell’energia libera del sistema Terra. È una quantità enorme, maggiore di quella contenuta in tutti i processi geologici che avvengono sul pianeta (terremoti, eruzioni vulcaniche, movimenti delle placche tettoniche).
Inesauribile? Impossibile
Per diventare veramente verdi, occorrerebbe quindi sostituire con fonti rinnovabili la parte di energia ottenuta da combustibili fossili e pari a circa 17 TW. Ma per il secondo principio della termodinamica, dato che nessuna tecnologia potrà mai essere perfettamente efficiente, una parte dell'energia libera catturata dai generatori eolici o marini andrà sempre e comunque persa come calore.
Dal punto di vista termodinamico, ciò che fanno questi impianti è prelevare l’energia libera che deriva dal Sole e convertirne una parte in energia utile. Il resto va perso sotto forma di calore diventando di fatto inutilizzabile.
Il risultato di questa operazione è insomma un impoverimento energetico del sistema Terra.
Kleidon, utilizzando dei complessi modelli matematici, sostiene che sarebbe teoricamente possibile estrarre dai venti terrestri fino a 70 TW di energia, ma non senza conseguenze. L’impoverimento energetico del sistema Terra comporterebbe pesanti modifiche nella circolazione dei venti, nelle precipitazioni e nell’irraggiamento solare.
Gli effetti sarebbero paragonabili a quelle provocati da un improvviso raddoppio dei gas serra nell’atmosfera.
«Questo è un punto di vista interessante e potenzialmente molto importante», spiega Maarten Ambaum meteorologo dell'Università di Reading, UK. «Il consumo di energia è notevole rispetto alla produzione di energia libera del sistema Terra. Se non pensiamo in termini di energia libera, potremmo essere fuorviati dal potenziale energetico delle risorse naturali». Dobbiamo quindi rinunciare allo sfruttamento delle energie rinnovabili? «No», afferma Kelidon, «ma pensare che il vento sia una fonte inesauribile e a costo zero è un po’ come voler realizzare il moto perpetuo»
Solare? Sì, ma con giudizio
Il fotovoltaico, dal punto di vista termodinamico, non presenta particolari problemi: riesci infatti a generare energia libera senza grosse dispersioni in termini di entropia. Il vero problema è di natura tecnologica e industriale: i pannelli oggi più efficienti sono costruiti con materiali costosi, rari e in via di esaurimento come l’indio (In), il tellurio (Te) e il selenio (Se).
Gli scienziati e le industrie devono quindi riuscire a realizzare pannelli che utilizzino materiali comuni come lo zinco e il rame e in grado di riflettere, senza assorbirla, l’energia che non riescono a utilizzare, così da immetterla nuovamente nel sistema invece che dissiparla sotto forma di calore.