Roma, 29 apr. - (AdnKronos) - C’è un’Italia che pedala. Quella di 20 città che registrano performance di ciclabilità di livello europeo. Ma se Bolzano, Pesaro, Ferrara e Treviso si distinguono come "capitali della bici", e almeno un quarto degli abitanti vanno in bici tutti i giorni, da Bari a Torino le grandi città arrancano. E' la fotografia scattata dalla ricerca "L'A Bi Ci della ciclabilità" realizzata da Legambiente in collaborazione con Rete Mobilità Nuova.
Insomma, nonostante la sensazione diffusa che l’Italia che si sposta in bici arranchi in coda al gruppo delle nazioni settentrionali dell'Ue, in quattro comuni capoluogo almeno un quarto della popolazione si sposta a pedali; in altre cinque il 20% degli spostamenti è soddisfatto dalle bici e in 11 la percentuale di ciclisti è comunque superiore alla soglia del 10%. Tante le realtà in cui, grazie all’azione dell’amministrazione locale o spontaneamente, il numero dei frequent bikers è in costante crescita.
E’ il caso di Treviso, col 25% degli abitanti che monta in sella quotidianamente, di Ferrara (27%) e soprattutto di Pesaro e Bolzano che sono molto vicine al 30%.
Quindi, anche se è vero che l’Italia nel complesso esce male ed è innegabile la distanza che separa le nostre grandi città (Torino, Roma e Bari ad esempio) da alcuni grandi centri urbani europei come Amsterdam, Berlino, Copenaghen, è significativo che Bolzano, Pesaro e Ferrara compaiano nella classifica delle 20 città europee che hanno la maggior percentuale di spostamenti in bici sul totale degli spostamenti. Una concreta dimostrazione che gli italiani sono prontissimi a pedalare appena si creano le condizioni per farlo.
Ma se in tutte le città si pedalasse come a Copenaghen, secondo l’Ufficio regionale europeo dell’Oms l’abitudine di usare la bici come mezzo di trasporto urbano ogni anno potrebbe creare 76.600 nuovi posti di lavoro e salvare la vita a circa 10mila persone nelle principali città europee, rappresentando allo stesso tempo una fonte di sostentamento e di benessere e riducendo incidenti stradali, sedentarietà, rumore e smog.
Ma soprattutto si potrebbero abbattere i costi complessivi dell’impatto ambientale e sanitario del traffico che possono raggiungere il 4% del Pil di un Paese.
“Il cambiamento degli stili di mobilità, più che dalla crisi economica, è probabilmente favorito dalla crisi del vecchio modo di muoversi all’interno delle aree urbane – sottolinea Legambiente – C’è una forte insofferenza rispetto a una quotidianità fatta spesso di ingorghi, stress, tempo perso, smog e così chi pedala prende sempre più spazio. Purtroppo non c’è possibilità (mancano informazioni statistiche dettagliate) per fare un paragone con la situazione di 5 o 10 anni fa".
Ma è evidente che ritrovare oggi ben 17 città italiane con una mobilità ciclabile che soddisfa tra il 15 e il 30% della domanda di trasporto "testimonia che il ciclismo urbano non è più un fenomeno di nicchia e che la strada aperta da questi Comuni virtuosi concentrati nel nord del Paese può essere positivamente copiata nel resto d’Italia”.
La ricerca: L’A Bi Ci della Ciclabilità è stato realizzata raccogliendo, attraverso un questionario inviato a tutti i Comuni capoluogo di provincia, una serie di informazioni legate alla mobilità. I numeri raccolti sono dunque tutti autocertificati dai Comuni.
In primo luogo è stato chiesto ai municipi di indicare il modal share del proprio territorio, ossia il tipo di veicolo (auto, moto/scooter, trasporto pubblico, bici, piedi) utilizzato dagli abitanti per gli spostamenti sistematici all’interno del centro urbano. Questo è probabilmente il miglior indicatore per determinare la qualità della mobilità su scala urbana.
Lo stile di mobilità degli abitanti, il mezzo usato per i percorsi quotidiani casa-scuola o casa-lavoro, spiega in maniera molto diretta se un’amministrazione locale ha lavorato bene per favorire gli spostamenti non motorizzati o con mezzi collettivi o se le scelte urbane finiscono per premiare l’auto e lo scooter.
Questo è il l’elemento che consente a Legambiente di dare giudizi positivi su Bolzano, Pesaro e gli altri Comuni citati e questo, purtroppo, è anche il parametro su cui i Comuni hanno fornito il minor numero di informazioni: solo 50 città capoluogo (sulle 104 interpellate) hanno dati aggiornati e confrontabili tra loro.