Roma, 13 ott. (AdnKronos) - A rischio scomparsa per cause ambientali e cattiva gestione delle sue acque. E' allarme per le condizioni di salute del lago Ciad, quarto per grandezza in Africa. Fondamentale per la sopravvivenza di oltre 30 milioni di persone, il lago si è ridotto in 50 anni a meno di un decimo della sua estensione.
Il lago, nella regione del Sahel tra le frontiere di Ciad, Camerun, Nigeria e Niger, rischia di diventare un ricordo sulla carte geografiche se non si interviene ad arginare il suo progressivo prosciugamento. Questa riserva d’acqua dolce, garantisce la sopravvivenza di oltre 30 milioni di persone e il suo inaridimento rischia di provocare una crisi ambientale, ecologica e umana di enormi dimensioni, con conseguenze anche sulle ondate migratorie già in atto, dirette verso l'Europa e verso l’Italia.
Il bacino idrico africano è il perno intorno al quale ruota un delicato equilibrio economico e geopolitico di una vasta area che si affaccia sulle sue rive e beneficia delle sue risorse. "Fermare l’agonia del lago Ciad avvalendosi delle più avanzate conoscenze scientifiche e tecnologiche è cruciale per garantire un futuro di pace a un’area particolarmente delicata del mondo. Occorre intervenire sui fattori di fragilità di questo delicato e complesso ecosistema", spiega Luigi Nicolais, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche che insieme a Confederazione italiana agricoltori, Fao, Società geografica italiana e Accademia nazionale delle scienze, ha organizzato un convegno sul tema che si tiene il 14 ottobre e Expo.
Il meeting internazionale, dal titolo 'Il lago Ciad: un serbatoio di cibo e acqua tra disastro ambientale e cooperazione internazionale. Quale contributo possibile dal 'sistema Italia'?', si articola in due panel di interventi e una tavola rotonda cui prenderanno parte, tra gli altri, Romano Prodi, presidente della Fondazione per la collaborazione tra i popoli, Diana Bracco, commissario generale di sezione per il Padiglione Italia all'Expo e Wassalké Boukari, ministro dell’Idraulica e della bonifica della Repubblica del Niger.
"Vogliamo analizzare le potenzialità della cooperazione internazionale per risolvere criticità e sottolineare il ruolo centrale dell’Italia in questi processi di collaborazione", afferma Giuseppe Palmisano, direttore dell’Istituto di studi giuridici internazionali del Cnr e coordinatore dell’evento. Tra le soluzioni prospettate c’è l’ipotesi di deviare le acque di alcuni affluenti del fiume Congo. "È questa però un'operazione complessa e rischiosa che va fatta con criterio: le terre coltivabili emerse come risultato del progressivo asciugamento del lago sono molto fertili e ben utilizzate per l’agricoltura, quindi sommergerle potrebbe rappresentare un ulteriore problema", continua.