Le acque dei mari australi non fanno più da spugna per l'anidride carbonica prodotta dalle attività umane: è la conclusione a cui sono giunti ricercatori della East Anglia University (Gran Bretagna), del British Antarctic Survey (Antartide) e del Max-Planck Institute for Biogeochemistry (Germania), al termine di uno studio durato quattro anni. Il fenomeno è stato spiegato con precisione: i gas serra e la riduzione dello strato di ozono hanno provocato un aumento significativo nella velocità dei venti, che ha favorito il rilascio di CO2 in atmosfera e impedito l'assorbimento dei gas serra stessi. La notizia è rilanciata in questi giorni dai maggiori giornali scientifici del mondo: «È un segnale di allarme molto serio», afferma Corinne Le Quéré, responsabile della ricerca, «e tutti i modelli climatici che stiamo usando ci dicono che il fenomeno che si è innescato si intensificherà nel corso del secolo». I regolatori naturali della Terra (foreste, acque ecc.) riescono ad assorbire circa la metà dell'anidride carbonica prodotta dall'uomo, e il mare "vale" più o meno il 15% del totale. Ora, a causa dei venti, la capacità di assorbimento del mare si è ridotta e perciò l'atmosfera sarà sempre più acida, perché più ricca di CO2 (foto Nasa/Sse: una mappa della velocità dei venti).