Non è (purtroppo) più una novità che gli insetti di tutto il mondo stiano scomparendo a ritmi preoccupanti. Quello che forse non afferriamo ancora è la reale gravità di questa estinzione di massa: secondo uno studio della Technical University di Monaco di Baviera pubblicato su Nature, negli ultimi dieci anni il numero di specie di insetti in molte aree è diminuito di circa un terzo, sia nelle zone più antropizzate sia - con numeri inquietanti - in quelle selvatiche o protette.
Quello guidato da Sebastian Seibold è il primo studio in questo campo che non si concentra solo sulla perdita di biomassa (in altre parole, quanti insetti muoiono, indifferentemente dalla specie) o su una singola specie (come si sta facendo, per esempio, con le api), ma che guarda anche al numero totale di specie che si stanno perdendo nelle aree più colpite da inquinamento, distruzione dell'habitat e cambiamenti climatici.
Sempre meno. Lo studio, condotto in Germania ma i cui risultati, secondo gli autori, sono rappresentativi di quello che sta accadendo nel mondo, ha "coinvolto" più di un milione di insetti (circa 2700 specie) catturati in oltre 300 siti in giro per il Paese, e raccolti nel corso di un decennio, tra il 2008 e il 2017. I risultati vedono un drastico calo nella biomassa in tutte le aree studiate (fino al 40% nelle foreste e fino al 66% in praterie e campi coltivati), e soprattutto un crollo della biodiversità: un terzo delle specie che un tempo popolavano i paesaggi tedeschi sono sparite.
Colpa nostra, come al solito. I motivi di questa strage? I soliti: i prati vengono tagliati e fertilizzati più volte all'anno per farne pascoli, mentre le foreste vengono sfoltite per ricavarne legname; in questo modo, gli insetti che non sono in grado di percorrere grandi distanze sono a rischio se vivono nei prati, perché non riescono a trovare una nuova casa, e al contrario quelli che hanno bisogno di un areale molto ampio soffrono nelle foreste, che diventano sempre più piccole.