Venerdì 24 maggio 2019 gli studenti di tutto il mondo scenderanno in piazza per il secondo Global Climate Strike For Future, una manifestazione mondiale per "richiamare" gli adulti, perché siano applicate le disposizioni per arginare il global warming e garantire un futuro all'umanità di domani.
L'iniziativa, che nasce dal movimento #Fridaysforfuture lanciato dalla 15enne svedese Greta Thunberg, si ripete dopo il successo del 15 marzo scorso, quando almeno 1,6 milioni di studenti di 125 Paesi hanno portato gli adulti a "lezione di rispetto" per il Pianeta. Perché, si chiedono i più giovani, studiare per un futuro che potrebbe non arrivare? Perché un'istruzione, "chiave per il futuro", quando i decisori politici non ascoltano chi ha già voce in capitolo sulla questione climatica del Pianeta, e cioè i climatologi e i glaciologi dell'IPCC?
Un nuovo allarme inascoltato. Domani i ragazzi del Climate Strike (qui i riferimenti per l'Italia) avranno una ragione in più per alzare la voce. Secondo uno studio pubblicato su PNAS, a causa dell'accelerazione della fusione dei ghiacci di Groenlandia e Antartide, il livello dei mari potrebbe salire del doppio rispetto a quanto previsto finora.
La questione dell'innalzamento degli oceani è stata tra le più dibattute degli ultimi anni. Il Quinto Rapporto di Valutazione dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), pubblicato nel 2013, affermava che senza importanti riduzioni delle emissioni di gas serra, e quindi del riscaldamento del Pianeta, il livello dei mari sarebbe salito di 52-98 centimetri entro il 2100: l'ampio intervallo (vedi anche più sotto, in questa pagina) è funzione dei vari scenari presi in considerazione, oltre che della morfologia delle diverse regioni del mondo.


Un quadro più chiaro. Tuttavia, per molti quella era una stima conservativa, soprattutto alla luce dei progressi nello studio delle piattaforme glaciali: le misurazioni satellitari mostrano che la fusione dei ghiacci che in Groenlandia e in Antartide si protendono in mare sta avvenendo a ritmi sempre più accelerati.
Se finora il principale contributo alla crescita del livello dei mari è venuto dalla Groenlandia, ora preoccupa la sorte delle montagne di ghiaccio dell'Antartide, che potrebbero collassare sotto il loro stesso peso, se il ghiaccio alla base dovesse divenire instabile. La maggiore accuratezza degli studi allarga il margine di incertezza dei modelli climatici futuri, perché si aggiungono variabili in gioco.
Le nuove stime. Per vederci più chiaro, i 22 massimi esperti al mondo per gli studi di glaciologia in Antartide e Groenlandia hanno formulato previsioni sul destino di questi ghiacci. Il responso è impietoso: se le emissioni continueranno ai ritmi attuali, è molto probabile che i mari della Terra si innalzino di 62-238 centimetri entro il 2100.
Tra i 7 e i 178 centimetri deriverebbero dalla fusione delle piattaforme glaciali, ma se si aggiunge il contributo di ghiacciai, calotte di ghiaccio ed espansione termica degli oceani sempre più caldi, si superano tranquillamente i due metri.
Possibile (ma non probabile). Considerato il più ampio margine di incertezza, il nuovo modello abbraccia quasi tutti i possibili risultati, ossia tutti gli scenari che hanno tra il 5 e il 95 per cento delle probabilità di verificarsi. L'ipotesi di un aumento di oltre due metri ha solo il 5% di probabilità di accadere: una chance su 20, che, anche se meno probabile, non è però meno plausibile (succederebbe, se arrivassimo a +5 °C dall'era pre-industriale entro fine secolo).


inondazioni e sfollati. Le conseguenze per la popolazione mondiale sarebbero catastrofiche. Il mare inghiottirebbe 1,79 milioni di km quadrati di terra e costringerebbe alla fuga 187 milioni di persone.
«Per mettere le cose in prospettiva, la crisi siriana è risultata nell'arrivo di circa un milione di rifugiati in Europa: un numero 200 volte inferiore a quello dei profughi climatici che fuggirebbero da un innalzamento dei mari di 2 metri», afferma candidamente Jonathan Bamber, fisico e glaciologo dell'Università di Bristol, vicepresidente della European Geosciences Union e primo autore dello studio.
Gran parte delle perdite di territorio avverrebbe in aree cruciali per la produzione di cibo, come il Delta del Nilo, o più densamente popolate, come il Bangladesh. Grandi metropoli come Londra, New York e Shanghai vedrebbero sparire sott'acqua gran parte del proprio territorio, e per le comunità insulari già minacciate da innalzamenti minori sarebbe la fine.
Non è tardi per agire, adottando politiche che scongiurino il peggiore tra gli scenari prospettati, e un buon punto di partenza, facile per tutti, può essere il sostegno ai ragazzi che protestano per il clima.
VIDEO: un inno per il futuro