Domenica 7 febbraio un'ondata d'acqua improvvisa proveniente da un ghiacciaio sul massiccio della catena himalayana Nanda Devi, nello Stato indiano dell'Uttarakhand, ha provocato la rottura di una diga in un fiume sottostante e travolto alcuni villaggi limitrofi. Nella tragedia che in molti ha rievocato le immagini del disastro del Vajont, hanno perso la vita almeno 26 persone, e si contano ancora 200 dispersi. I geologi sono al lavoro per capire le cause di quanto accaduto,m a qualunque sia l'origine dell'evento, è probabile che il global warming ne sia corresponsabile.
Montagne fragili. Nell'Himalaya, una catena montuosa ricoperta da 600 miliardi di tonnellate di ghiaccio, la fusione dei ghiacci dovuta al riscaldamento globale è andata accelerando negli ultimi 40 anni. Prospetticamente, questa perdita d'acqua peserà sulle necessità idriche di centinaia di milioni di persone, ma nell'immediato è soprattutto la sicurezza dei centri abitati a destare preoccupazione.
La fusione dei ghiacci fa aumentare di volume i laghi glaciali, specchi d'acqua alimentati da corsi che scorrono sulle pareti delle montagne e arginati soltanto da fragili barriere di sedimenti e detriti (le morene). Dal 1990, per effetto dei cambiamenti climatici, il volume totale di questi laghi è cresciuto del 50%. Le morene che li contengono possono collassare a causa della pressione aumentata dell'acqua, per la caduta di valanghe nei laghi o per via dei terremoti che spesso interessano la regione himalayana. Tutti questi fattori possono causare inondazioni improvvise nei villaggi ai piedi dei ghiacciai, eventi distruttivi che gli scienziati chiamano GLOF (glacial lake outburst floods, inondazioni da collasso di laghi glaciali).
Inizialmente, il disastro dell'Uttarakhand era stato attribuito al distacco (calving) di un pezzo del ghiacciaio ad alta quota, ma lo studio delle immagini satellitari sembrerebbe indicare piuttosto il collasso di una parete rocciosa quale causa più probabile. Come spiegato sul New York Times, il ghiaccio si comporta da collante quando si insinua nelle fratture della roccia. L'aumento delle temperature causato dal global warming scioglie questo legante e rende la roccia più instabile.
Il mistero dell'acqua. Resta però ancora da capire da dove provenga tutta l'acqua che si è riversata insieme ai sedimenti nel fiume Rishiganga e sulla diga. Inizialmente si pensava, appunto, alla presenza di un lago glaciale più a monte, ma non se ne conoscono, sopra al luogo del disastro. È comunque possibile che un lago ci fosse, e che gli scienziati non lo sapessero: in quel caso lo scenario più probabile sarebbe quello di un GLOF.
Ma la causa potrebbe anche essere un'altra.
La frana potrebbe aver colpito un ghiacciaio staccandone un pezzo, e il calore dovuto all'attrito della discesa potrebbe aver fuso quel ghiaccio, dando origine a una massa d'acqua inaspettata. Le nevi che ricoprivano le montagne e che sono in fase di scioglimento potrebbero aver contribuito, mentre la parte fangosa potrebbe essere arrivata dai detriti di una precedente frana (ancora visibili da satellite), che si sono aggiunti ai nuovi riversandosi a valle.
Disastro annunciato? Anche se altri fattori, come la costruzione di grandi opere in un ecosistema già di per sé fragile, potrebbero aver partecipato al disastro, fenomeni come questo sono sempre più frequenti in un Pianeta segnato dal global warming. I ghiacciai sono fiumi di ghiaccio in lento movimento, e il loro assottigliamento priva di basi stabili il sistema precario che poggia su di essi.