Provate a tornare con la mente all'ultimo guasto della lavastoviglie (o della lavatrice). Era un danno risolvibile con poco, o vi è costato una fortuna? Il più delle volte, le spese di riparazione o sostituzione di un pezzo sono talmente sconvenienti, da convincerci a comprare un articolo nuovo e più efficiente.
Quello dell'obsolescenza programmata, il ciclo di vita forzatamente "a breve scadenza" degli elettrodomestici, è un meccanismo che contraddistingue l'attuale economia di mercato, ma che nuoce all'ambiente in termini di emissioni CO2: quella rilasciata per produrre e distribuire i nuovi dispositivi ce la potremmo, in molti casi, risparmiare.
Aggiustabili per legge. Per queste ragioni, nel mese di gennaio gli Stati membri dell'Unione Europea voteranno una serie di proposte di revisione alla Ecodesign Directive, una legge del 2009 che regola gli standard di sostenibilità ed efficienza dei prodotti industriali venduti nell'Unione. L'obiettivo è obbligare le case manifatturiere a produrre beni più solidi e di lunga durata, e che siano facilmente riparabili.
Le proposte riguarderanno l'illuminazione, i televisori e i grandi elettrodomestici come frigoriferi, lavastoviglie e lavatrici. Intanto, almeno 18 Stati USA si propongono di adottare simili provvedimenti in una battaglia aperta con le case che producono device senza pezzi o istruzioni di ricambio, o che le cui parti non possono essere acquistate separatamente, perché incollate le une alle altre.
Posizioni contrastanti. Il dibattito sulla questione è acceso e vede contrapporsi da un lato le aziende manifatturiere, che rivendicano la proprietà intellettuale dei prodotti e diffidano dalle riparazioni fai da te (che, dicono, potrebbero renderli pericolosi), dall'altro le associazioni di consumatori, che accusano i legislatori europei di aver tenuto finora il processo di riparazione nelle mani esclusive dei produttori - per esempio, obbligando a rivolgersi al loro centro assistenza. Sotto il nuovo ombrello normativo andrebbero inclusi, per i consumatori, anche cellulari e stampanti.
Soddisfatti, per ora, i gruppi ambientalisti, che ritengono la discussione un primo passo verso un modello economico diverso, circolare, in cui il prodotto possa essere riparato, riutilizzato e infine riciclato.