I bruchi smettono di addentare le foglie e iniziano a mangiare "gli amici" quando le piante secernono una sostanza che le rende meno appetitose: le tendenze cannibali delle larve di lepidottero erano note, così come le strategie di difesa chimica dei vegetali, ma nessuno finora aveva collegato le due cose.
Le piante di pomodoro hanno imparato a difendersi trasformando i loro infestanti in divoratori di altri bruchi: un'astuta mossa che vede i parassiti eliminarsi a vicenda, mentre la (ex) vittima sta a guardare. Lo spiega uno studio appena pubblicato su Nature Ecology and Evolution.
Allarme simulato. John Orrock, biologo dell'Università del Wisconsin, ha sottoposto 10 piante di pomodoro (Solanum lycopersicum) a 4 diversi tipi di irrorazione: alcune soltanto con una sostanza detergente, altre anche con varie concentrazioni di jasmonato di metile, un ormone vegetale volatile che le piante producono in situazioni di stress. A questo punto è stato "permesso" a bruchi di nottua defogliatrice (Spodoptera exigua, un lepidottero infestante comune negli Stati Uniti) di attaccare il raccolto.
In salvo. Dopo 8 giorni le piante irrorate con l'ormone dello stress risultavano molto meno intaccate delle altre, con una perdita di biomassa cinque volte inferiore rispetto alle piante spruzzate con solo detergente (le cui foglie erano state quasi completamente mangiate).
In compenso... Il cannibalismo tra bruchi si è verificato su tutte le piante. A fare la differenza sono stati i tempi: dopo 52 ore dall'esposizione delle foglie ai bruchi era stato cannibalizzato il 7% delle larve sulle foglie non o poco irrorate con jasmonato di metile, e ben il 16% su quelle innaffiate con massicce dosi dell'ormone. La prova che la reazione era stata sufficiente a proteggere le piante dai morsi, innescando invece una guerra fratricida.
Un (vecchio) nuovo antiparassitario? Potremmo dunque imparare a sfruttare il meccanismo per attivare una sorta di pesticida naturale? Non è detto, precisano gli esperti, che la reazione funzioni allo stesso modo anche nelle coltivazioni intensive. Inoltre, mettere in campo questo scudo chimico costa molto alla pianta (in termini di vulnerabilità ad altri eventi): l'ipotesi è che i vegetali vi ricorrano soltanto in casi estremi, quando è in gioco la sopravvivenza.








