Le cifre della (mal)nutrizione mondiale sono incredibili: se da una parte 820 milioni di persone non hanno cibo a sufficienza, dall'altra 2 miliardi ne hanno anche troppo. Pare impossibile trovare il giusto mezzo (e raggiungere l'utopico obiettivo #Famezero entro il 2030), e mentre denutriti e obesi aumentano di anno in anno la scienza scopre che i nostri eccessi hanno anche conseguenze ecologiche: secondo una ricerca italiana pubblicata su Frontiers in Nutrition, i cibi ad alto contenuto calorico sono anche quelli che utilizzano più terreno, più acqua ed emettono più gas a effetto serra.
Miliardi di tonnellate di troppo. Lo studio ha preso in analisi le sette regioni della FAO (Food and Agriculture Organization), tra cui è compresa l'Europa, e ha stimato l'eccesso di peso corporeo della popolazione sulla base di alcuni parametri, come l'indice di massa corporea (BMI) e l'altezza, e spalmando l'equivalente calorico tra i diversi gruppi di alimenti disponibili in ogni nazione. Il risultato è lo spreco metabolico di cibo, ossia l'indicatore della quantità di alimenti extra ingeriti e del loro impatto ambientale - com'è stato definito da Mauro Serafini, ricercatore all'Università di Teramo e coordinatore dello studio. L'Europa si aggiudica la medaglia d'oro degli eccessi, con oltre 39.000 miliardi di tonnellate, seguita da Nord America e Oceania, con oltre 32.000 miliardi di tonnellate.
Inquinamento ambientale. All'aumentare di questo indice, aumentano anche le emissioni di anidride carbonica, che si stima raggiungeranno i 240 milioni di tonnellate, quantità pari a quella generata negli ultimi sette anni dall'utilizzo di combustibili fossili. Europa, Oceania e Nord America da sole contribuirebbero alle emissioni di CO2 come tutti gli altri paesi del mondo messi insieme (e 14 volte in più dell'Africa subsahariana): il 75% delle emissioni deriverebbero dalla produzione di carne, uova, latte e derivati. Le cifre della ricerca riguardanti l'utilizzo dell'acqua e del terreno totali sono invece di più difficile interpretazione: da un lato non tengono conto del tempo durante il quale il terreno agricolo viene sfruttato, dall'altro non considerano la redistribuzione naturale dell'acqua utilizzata (che non viene persa per sempre con l'agricoltura).
Imprecisioni. Ci sono altri aspetti dello studio da tenere presente: l'indice dello spreco metabolico di cibo, ad esempio, è stato calcolato a partire dalla disponibilità totale di alimenti in ogni paese, non tenendo conto che quelli che contribuiscono a sovrappeso e obesità sono un sottoinsieme di quelli disponibili. Inoltre, i ricercatori hanno fissato a 21,7 il BMI medio, prendendo poi in considerazione le persone con un indice di massa corporea superiore (dando quindi per scontato che si trattasse di peso o grasso in eccesso) e senza tenere conto di eventuali variazioni di peso nel tempo.
Gli autori sono consapevoli di queste approssimazioni, e sottolineano la necessità di condurre ulteriori studi che identifichino più chiaramente gli alimenti che contribuiscono a formare questo parametro. Ciononostante, la ricerca rappresenta un importante spunto di riflessione: la sovralimentazione, oltre a pesare sulla nostra salute, pesa anche sull'ambiente.