La pace è un prerequisito necessario anche di tante collaborazioni internazionali che non fanno rumore, ma che sono fondamentali per la tutela del Pianeta. Ce ne accorgiamo quando viene a mancare: uno degli effetti secondari e di certo meno importanti dell'invasione dell'Ucraina è infatti il venir meno di alleanze scientifiche fondamentali, come quelle che da decenni si intrecciano nelle acque dell'Artico.
La Russia controlla il 50% delle coste artiche e i suoi scienziati sono coinvolti in ogni campo di ricerca che si svolga in questo territorio, interessato più di tutti gli altri degli effetti della crisi climatica: quando la Terra si riscalda, per esempio per l'effetto serra, le zone polari ricevono più calore rispetto alle latitudini più basse, e l'Artico in particolare sembra scaldarsi al quadruplo della velocità rispetto al resto del Pianeta.
Come spiega un articolo pubblicato su Hakai Magazine, non c'è progetto nell'Artico che non veda il coinvolgimento anche di scienziati russi. Tuttavia, per effetto delle sanzioni imposte a Mosca, anche le collaborazioni internazionali con gli accademici che lavorano per istituzioni governative di questo Paese sono state interrotte. Ecco con quali conseguenze.
Taglio netto. Non c'erano ricercatori russi all'Arctic Observing Summit (quest'anno a Tromsø, in Norvegia), un meeting biennale in cui gli esperti di Artico condividono dati e scoperte sulla fusione dei ghiacci marini e sulle strategie di adattamento e mitigazione in risposta ai cambiamenti climatici. È la prima volta che succede dalla fine della Guerra fredda.
Sono sospese le ricerche condivise nel Mare dei Ciukci, tra Alaska e Siberia. In questa fetta di mare che connette lo stretto di Bering all'Oceano Artico scienziati russi e statunitensi monitoravano insieme le migrazioni di orsi polari, foche e balene. Altri team internazionali stavano analizzando le fioriture di alghe tossiche rese più frequenti dai cambiamenti climatici, e i loro effetti sugli animali marini e le comunità costiere che di essi si nutrono. I risultati dovevano essere replicati per poter informare le popolazioni locali dei rischi che corrono, ma l'interruzione dei rapporti con la Russia ha bloccato i lavori.
Decenni di lavoro in fumo. E ancora: nel Golfo dell'Alaska si è bloccata la collaborazione tra biologi russi, canadesi e statunitensi che studiano l'habitat del salmone, che si estende in acque russe e anche nell'Artico. Altrove, secondo il Wilson Center's Polar Institute, un'organizzazione con sede a Washington che si occupa di informare i governi su risultati e bisogni della scienza ai poli, sono stati bloccati progetti che studiavano le microplastiche in mare, gli effetti dei combustibili fossili usati dalle navi onnipresenti nell'Artico libero dai ghiacci e altri aspetti legati al clima che cambia.
Rispetto alla tragedia umanitaria che si sta consumando in Ucraina sono tutte notizie di secondo piano. Ma danno la misura di come gli effetti della guerra si estendano ben al di là della politica e dell'economia, e di quanto durature saranno le loro conseguenze.