L'idea iniziale era creare una barriera di 8.000 km che attraversasse l'Africa, dal Senegal al Gibuti, contrastando l'avanzata del deserto del Sahara e del Sahel. Concepita nel 2007 dall'Unione Africana, a oggi lo stato di avanzamento della Grande Muraglia Verde è fermo al 4% - e intanto il tempo scorre. Nel primo report pubblicato dal consiglio dei ministri regionali si chiedono più fondi, maggior supporto tecnico e controlli più rigorosi: senza tutto ciò, il sogno di una vita migliore per gli abitanti di quei territori, in un ambiente con un'atmosfera più pulita e in un continente meno segnato da conflitti, terrorismo e migrazione interna, rimarrà – appunto – solo un sogno.
Troppo lento. Fino ad oggi il progetto ha contribuito a creare oltre 350.000 nuovi posti di lavoro, con ricavi per 90 milioni di dollari e 18 milioni di ettari di terreno recuperati. Tuttavia, a fronte di un investimento di oltre 200 milioni di dollari negli ultimi dieci anni, sono stati piantati solo 4 milioni di ettari di verde: per rispettare gli obiettivi del 2030 e riuscire a portare a termine la Grande Muraglia Verde, sarebbe necessario bonificare il doppio del terreno ogni anno, con un investimento annuo di oltre 4,3 miliardi di dollari: praticamente un'utopia.
Dove finiscono i soldi? Non tutti gli stati sono allo stesso punto: l'Etiopia è la più virtuosa, con oltre 5,5 miliardi di semi piantati. Fanalino di coda il Burkina Faso, con solo 16,6 milioni di alberi piantati, e il Chad, con appena 1,1 milioni, nonostante entrambi i Paesi abbiano ricevuto più fondi.
Uno dei problemi principali è infatti controllare dove vanno a finire gli investimenti, e quanti alberi sopravvivano (se vengono davvero piantati): «Non abbiamo idea di dove vada a finire il denaro, e come venga usato», spiega Salwa Bahbah, ricercatore che ha partecipato alla stesura del report.
Cambio di piani. Infine c'è la discussione su quale sia soluzione migliore. Secondo alcuni scienziati, infatti, in alcune regioni sarebbe più efficace una grande distesa di erba; altri sostengono che sia preferibile rifertilizzare il terreno e gestire le risorse idriche nelle zone più produttive, anziché piantare alberi in aree disabitate e remote. Chris Reij del World Resources Institute è convinto che gli obiettivi siano cambiati, anche se nessuno lo ammette: «L'idea originale era piantare una muraglia di alberi per frenare l'avanzata del deserto», spiega. «Ma credo che ora i piani siano cambiati, e si stia cercando di creare grandi aree verdi e produttive, anche se nessuno ne parla in questi termini».