I granchi potrebbero essere un indicatore vivente dello stato di salute dei mari. Lo afferma un recente studio condotto presso l’Università di Glasgow: secondo il biologo marino Phillip Cowie questi crostacei sarebbero particolarmenti sensibili all’assorbimento delle microplastiche, minuscole particelle di materiale sintetico che, una volta depositate nell’organismo dell’animale, impiegherebbero settimane o mesi per essere smaltite.
Respirando plastica. I granchi assorbirebbero le microplastiche attraverso la respirazione e le accumulerebbero all’interno delle branchie: l’assunzione di queste sostanze da parte delle creature marine attraverso l’alimentazione era già stata osservata in passato, ma fino ad oggi nessuno ne aveva mai documentato l’assimilazione per via respiratoria.
Questi materiali sembrano inoltre essere particolarmente invadenti e resistenti, visto che riescono a superare le barriere naturali che preservano le branchie dei granchi dai frammenti di sabbia e terriccio.
Mangio te, che mangi lui, che mangia plastica. Si tratta di una scoperta importante, poichè i granchi sono al centro della catena alimentare marina: si nutrono di alghe e molluschi e, a loro volta, sono prede di altre creature più grandi tra le quali l’uomo.
Ciò che i ricercatori stanno cercando di capire è quale sia la permanenza delle microplastiche all’interno della catena alimentare. In altre parole la domanda alla quale si sta cercando una risposta è: quanti cicli digestivi deve subire la microplastica per essere eliminata? E quali sono le conseguenze a lungo termine di questa dieta non proprio sana?
Che cosa sono le microplastiche? Le microplastiche sono frammenti di materiale sintetico fino a 5 mm di diametro che gli attuali sistemi per la depurazione delle acque non riescono a trattenere.
Provengono da tutto ciò che finisce negli scarichi: dalle setole degli spazzolini da denti ai tappi delle bottiglie.