Le nuvole sono innescate da minuscole particelle (i nuclei di condensazione) attorno alle quali si “riuniscono” le molecole d’acqua che poi cadranno a terra. Alcuni di questi nuclei sono di origine umana, prodotti dalle fabbriche, e si riteneva che fossero quasi indispensabili per la nascita di alcuni tipi di nuvole. Un esperimento al Cern ha rivoluzionato questa idea, e ha dimostrato che all’origine delle nuvole ci sono anche molecole prodotte dagli alberi.
Colpa degli alberi? I nuclei di condensazione che contribuiscono a formare le nuvole provengono dalla natura, sotto forma di polvere del deserto e cristalli di sale dagli oceani, o da minute particelle di carbone prodotto dalla combustione. Gli scienziati che studiano le reazioni in atmosfera ritenevano indispensabile anche la presenza di una molecole “umana”, l’acido solforico della combustione (che proviene in parte anche dalle reazioni vulcaniche).
Secondo questa ipotesi, il nostro cielo è oggi molto più nuvoloso che nei secoli precedenti la Rivoluzione Industriale, perché a partire da quel periodo le industrie hanno iniziato a bruciare grandi volumi di petrolio e carbone.
I ricercatori dell’esperimento CLOUD (Cosmics Leaving Outdoor Droplets), guidati da Jasper Kirkby, fisico del CERN, hanno cercato di confermare esperimenti che risalgono ad anni fa, e che identificavano in alcune molecole prodotte dagli alberi il fattore che porta infine alla formazione della nuvole. Hanno messo alla prova questa ipotesi in una speciale camera che permette di simulare diverse condizioni atmosferiche, e immesso nell'ambiente molecole complesse prodotte dagli alberi, in particolare l’α-pinene (composto che dona ai boschi di conifere il loro particolare odore).
Anche senza la presenza di acido solforico nella camera, riportano due articoli sulla rivista Nature (in inglese), si sono formate “nuvole” comparabili a quelle che si creano in condizioni industriali. Un esperimento collegato, pubblicato questa volta su Science, ha osservato le condizioni alla stazione di ricerca Jungfraujoch, sulle Alpi svizzere, e ha notato come l’α-pinene induca anche in natura la formazione di nuvole in assenza di acido solforico.
Meno caldo in futuro. Le conseguenze di queste osservazioni potrebbero essere molto ampie, affermano i ricercatori. Per esempio, bisognerebbe dedurne che la copertura nuvolosa poteva essere molto fitta anche in era pre-industriale, e quindi sarebbe necessario ricalcolare il contributo attuale delle nuvole al riscaldamento globale.
Se i risultati saranno confermati, significa che in passato i cieli erano nuvolosi quasi quanto quelli di oggi (è da sottolineare che, in ogni caso, oggi nessuno nega che l’acido solforico abbia un ruolo importante nella formazione delle nuvole).
Tuttavia, poiché le nuvole - in generale - raffreddano la superficie terrestre, il contributo al clima delle nuvole indotte dall’uomo, attraverso l’attività industriale, potrebbe essere inferiore a quanto calcolato. La Terra potrebbe perciò essere meno sensibile di quanto si pensava all’aumento dei gas serra, e potrebbe riscaldarsi meno di quanto calcolato.
Kirkby ha anche fatto notare come si potrebbe addirittura pensare che gli alberi siano in qualche modo responsabili della produzione di nuvole, e quindi del clima. Confermando in questo modo un altro tassello dell’intuizione di James Lovelock a proposito di Gaia: gli alberi si unirebbero ai batteri degli oceani, come “signori del clima” nel nostro pianeta.