Rendere più respirabile l'aria della vostra città semplicemente indossando la vostra T-shirt preferita. Vi sembra un miraggio? In realtà è proprio quello che promettono di fare i catalytic clothing, gli abiti catalitici recentemente presentati al Festival della Scienza di Edimburgo (Scozia). Ideati dalla stilista londinese Helen Storey e dal professor Anthony Ryan dell'Università di Sheffield (UK), i vestiti ecosostenibili promettono di contribuire a purificare l'aria circostante dagli agenti inquinanti. Ecco come.
I tessuti saranno ricoperti di nanoparticelle di biossido di titanio, che funzioneranno da fotocatalizzatori: in presenza di luce (non necessariamente quella solare) e ossigeno, accelereranno le reazioni chimiche che permettono la scomposizione degli agenti inquinanti presenti nell'atmosfera in sottoprodotti non nocivi, lavabili con la pioggia. Secondo i suoi creatori, un metro quadrato di tessuto catalitico tenuto in movimento (cioè indossato regolarmente) è in grado di scindere e togliere di mezzo 0,5 grammi di ossidi di azoto al giorno.
Ma i capi antismog non sono l'unico esempio di abbigliamento amico dell'ambiente. Una delle ultime frontiere della moda sostenibile prevede lo studio di vestiti biodegradabili: realizzati, cioè, con fibre vegetali compostabili, che con il tempo si possano dissolvere nel terreno senza lasciare tracce inquinanti dietro di sé. Franz Koch, amministratore delegato della multinazionale Puma, ha recentemente dichiarato che l'azienda di abbigliamento sportivo si sta muovendo in questa direzione. In futuro, quindi, sarà forse possibile gettare felpe o scarpe nel terriccio sul balcone ed essere certi che si degraderanno senza inquinare.
Tutto italiano è invece il progetto Wear&Toss, per T-shirt usa e getta riciclabili proprio come giornali di carta. Interamente in fibre vegetali come quelle ricavate dalla cellulosa e dal mais, le magliette si potranno gettare nel bidone bianco proprio come i quotidiani e, se i suoi ideatori (tra cui il designer veneto Filippo De Martin) troveranno investitori, saranno acquistabili a 1,99 euro.
Tra i materiali di recupero che potremo un giorno indossare ce ne è uno particolarmente insolito: le fibre di latte. La designer tedesca Anke Domaske ha creato un'intera collezione di abiti riscaldando, inacidendo e lavorando proteine di latte scartato dalla produzione casearia industriale, latte che altrimenti sarebbe stato gettato. Il tessuto ricavato è morbido e decisamente economico, senza contare che per la sua creazione non vengono utilizzate inutilmente fibre vegetali o filati animali. Mica male!
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