Ecologia

Giornata mondiale dell'acqua: nessuno deve restare indietro

Un bene primario di cui ci sarà sempre maggiore richiesta, un diritto troppo spesso violato: l'acqua è fondamentale per il benessere economico e sociale, ma è proprio ai più poveri che viene venduta a caro prezzo, mentre i ricchi hanno facilità di accesso.

Nessuno sia lasciato indietro: è l'imperativo scandito dalle Nazioni Unite con il Rapporto mondiale sullo sviluppo delle risorse idriche 2019, presentato in occasione della Giornata Internazionale dell'Acqua, il 22 marzo, e al termine dei lavori della 40esima sessione dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Diritto di base. L'accesso all'acqua pulita e a servizi igienico-sanitari adeguati è indispensabile per appianare le disuguaglianze socio-economiche, oltre a essere un diritto fondamentale per sostenere la salute delle persone e garantire la loro dignità di esseri umani. Questo diritto non è temporaneo, non può essere revocato e non è soggetto all'approvazione degli Stati: deve poter essere garantito a tutti senza distinzioni, anche in base a quanto sancito dall'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

giornata mondiale acqua, world water day, Rapporto mondiale sullo sviluppo delle risorse idriche
Più di due miliardi di persone vivono in paesi sottoposti a livelli elevati di stress idrico. Per stress idrico si intende "il rapporto tra i prelievi totali annui di acqua dolce dei principali settori dell’economia, incluse le necessità idriche ambientali, e il totale delle risorse rinnovabili di acqua dolce, espresso in percentuale". © UN

Acqua e servizi igienico-sanitari devono essere "disponibili, fisicamente accessibili, a costi equi e sostenibili, sicuri e culturalmente accettabili", eppure persistono condizioni che creano iniquità e categorie di "esclusi". Nel 2015 oltre 2,1 miliardi di persone, il 29% della popolazione globale, non avevano ancora accesso a servizi di fornitura di acqua potabile gestiti in sicurezza, mentre 844 milioni di persone erano escluse da servizi di base di fornitura dell'acqua potabile.

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La copertura dei servizi idrici gestiti in sicurezza varia di molto in base alle regioni geografiche: da appena il 24% nell'’Africa subsahariana al 94% in Europa e nel Nordamerica. © UN

Tagliati fuori. Secondo il rapporto, "circa la metà delle persone che consumano acqua proveniente da fonti non protette vive nell'Africa subsahariana. Sei persone su dieci non hanno accesso a servizi igienico-sanitari sicuri e una persona su nove pratica la defecazione all'aperto". Ma anche all'interno delle stesse aree geografiche, delle stesse comunità, persino delle stesse famiglie, persistono differenze di trattamento nell'accesso all'acqua.

L'incombenza più gravosa. C'è una discriminazione di genere, che assegna principalmente alle donne il compito di reperire acqua per cucinare e lavarsi. Uno studio sul tempo e sulla carenza di acqua in 25 paesi dell'Africa subsahariana rivela che le donne dedicano complessivamente alla raccolta di acqua potabile almeno 16 milioni di ore al giorno, mentre gli uomini riservano alla stessa attività 6 milioni di ore e i bambini 4 milioni di ore (OMS/UNICEF, 2012). Tempo che è sottratto allo studio, e che espone le donne a fatica fisica e pericoli per la loro incolumità.

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Nel 2015 2,3 miliardi (una persona su tre) non avevano accesso almeno a servizi igienico-sanitari di base; di questi, 892 milioni di persone praticano ancora la defecazione all'aperto. © UN

mancanza che discrimina. All'acqua è legata la gestione dell'igiene mestruale, un tabù culturale in molti contesti poveri e rurali, che costringe le ragazze ad allontanarsi dalla scuola, emarginandole e ignorando la loro salute sessuale e riproduttiva. Altre condizioni di esclusione dall'accesso all'acqua sono la disabilità, la povertà e la mancanza di istruzione, le differenze religiose: le minoranze etniche e linguistiche, le popolazioni indigene, i popoli che hanno dovuto abbandonare le proprie case a causa di guerre e catastrofi climatiche, i rifugiati, i migranti, sono spesso esclusi dall'approvvigionamento di acqua e servizi.

Acqua da mangiare. Oltre ad avere un accesso inadeguato all'acqua, queste persone sono quelle che pagano il prezzo più alto per averla, mentre chi abita nei Paesi industrializzati dà per scontato la disponibilità di acqua pulita e abbondante dal rubinetto di casa. Questa forbice sociale si abbatte sulla disponibilità di cibo e sulla possibilità di assicurare un reddito alla famiglia: l'agricoltura è il principale settore consumatore di acqua, con il 69% dei prelievi annui a livello mondiale, e il 60% degli alimenti prodotti sulla Terra cresce in terreni irrigati da acque piovane (soggetti pertanto a siccità, fenomeno che dal 1995 al 2015 ha interessato 1,1 miliardi di persone).

Acqua e pace. All'acqua troppo abbondante o troppo scarsa è legato il 90% dei disastri naturali, con le zone aride e le zone umide che, complici i cambiamenti climatici, vedono inasprirsi le rispettive condizioni di aridità e umidità. Dalla disponibilità di acqua, e di acqua pulita e non contaminata, dipendono non solo la salute, ma anche la produttività lavorativa e la continuità dell'istruzione: per queste ragioni l'approvvigionamento idrico è uno strumento di inclusione sociale.

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Dagli anni '70 ad oggi, il rischio di essere sfollati per disastri naturali è raddoppiato. In 9 casi su 10, le catastrofi naturali sono legate all'acqua. © UN

La domanda di acqua, chiarisce il rapporto, è in costante aumento per la crescita della popolazione, il cambiamento dei modelli di consumo e lo sviluppo socioeconomico. Dagli anni '80 è cresciuta dell'1 per cento all'anno e nel 2050 avrà superato il 20-30 per cento dell'utilizzo attuale. Questa crescita della domanda, insieme ai cambiamenti climatici, contribuiranno ad accrescere i livelli di stress idrico mondiali.

21 marzo 2019 Elisabetta Intini
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