Ecologia

Il Mediterraneo che vogliamo

La UE ha decretato che il decennio 2021-2030 sia dedicato al restauro degli ecosistemi marini. In occasione della Giornata del Mediterraneo, il 28 novembre, pubblichiamo l'articolo del professor Ferdinando Boero (Presidente Fondazione Dohrn, Napoli).

Il 28 novembre è la Giornata del Mediterraneo... Ogni giorno è la giornata di qualcosa, e, dopo la celebrazione, si passa ad altro. Il Mediterraneo merita di più, non solo per la sua biologia ed ecologia, ma anche perché è la culla della civiltà occidentale ed è il crocevia di tante culture che si contaminano vicendevolmente.

UE: l'impegno non basta. A nord l'Europa, a sud l'Africa, a est l'Asia: separate e unite da un mare che ognuno sente "suo". L'Unione Europea, paladina mondiale della sostenibilità, con il suo Green Deal che mira alla transizione ecologica, ha ben compreso la necessità di dare l'esempio a casa propria, e cerca di cambiare. Ma ha anche compreso che l'impegno di un continente non basta. Ci vogliono anche gli altri. Nelle politiche europee, quindi, si prevedono forti, fortissimi contatti con i paesi dell'Africa e dell'Asia. Perché non esistono confini politici in mare, l'inquinamento non si ferma nelle acque dei paesi "sporcaccioni" e la protezione delle proprie acque territoriali è vana, se i vicini non fanno altrettanto.

Lo stesso mare, la stessa biologia e la stessa ecologia, ma diverse culture, diverse economie, diverse aspirazioni. Studiare il mare porta agli stessi risultati, però, indipendentemente dalle culture. I progetti europei che coinvolgono Asia e Africa fanno lavorare assieme i ricercatori europei con quelli israeliani e quelli tunisini e marocchini: cristiani che collaborano con ebrei che collaborano con musulmani. I turchi collaborano con i greci e con gli albanesi.

Gli scenari futuri del Mediterraneo. La scienza dimostra che siamo tutti collegati e che non esiste un'ecologia differente nei vari stati. La diplomazia scientifica è la strada che porta a una politica mediterranea. La stanno attuando la Commissione Internazionale per l'Esplorazione Scientifica del Mar Mediterraneo (CIESM), con sede a Montecarlo e presieduta dal Principe Alberto II, e il Plan Bleu, uno dei centri di attività regionali del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP). Mentre la CIESM ha carattere eminentemente scientifico, il Plan Bleu disegna scenari futuri che vedono la collaborazione di tutti gli stati che si affacciano sul Mediterraneo.

Quali sono gli obiettivi da perseguire se vogliamo che l'ambiente e le genti del Mediterraneo prosperino? Che futuro abbiamo davanti? Come possiamo agire in modo da modificarlo, per avere il Mediterraneo che vogliamo? Prendere atto delle criticità, e sono tante, è la base di conoscenza necessaria per intraprendere nuove strade. Inquinamento industriale, agricolo e urbano, riscaldamento globale, innalzamento del livello del mare, pesca eccessiva, sono tra le minacce che gravano sull'ambiente Mediterraneo.

Poi ci sono i problemi sociali, le disparità tra i popoli. Con i disperati che fuggono da guerra, fame e sete per cercare rifugio in Europa, trovando in molti la loro tomba sul fondo del mare.

errori da non ripetere. Non ci potrà essere un ambiente sano senza equità nella spartizione e nell'uso delle risorse. Chi ha preso troppo (noi) non può rimproverare chi è rimasto indietro e vuole ora fare i nostri stessi errori. Stiamo bene, oggi, grazie a quegli errori, ma se tutti li commetteranno staremo tutti male. Chi è stato depredato dal colonialismo europeo ora segue i beni che, dal Paese di origine, sono stati portati in Europa.

Il Mediterraneo è un laboratorio mondiale. Sia per l'ambiente, sia per la socio-economia e la politica. Noi non possiamo gestire l'ambiente, possiamo gestire noi stessi e i nostri rapporti con l'ambiente. La scienza ci indica la strada. Sappiamo che stiamo sbagliando, e la strada verso la correzione dei nostri errori si chiama sostenibilità ed equità. Dovremo restituire parte di quello che abbiamo preso, e le tecnologie che svilupperemo potranno rendere meno gravi i sacrifici futuri, se saremo saggi e se sapremo condividere quel che abbiamo.

Ambiente marino. Le Nazioni Unite hanno decretato che il decennio 2021-2030 sia dedicato al mare e al restauro degli ecosistemi. Non basta un giorno per il Mediterraneo, cosa riusciremo a fare in dieci anni? La Commissione Europea ha anche lanciato la Missione Healthy Oceans, Seas, Coastal and Inland Waters, dedicando grande attenzione alla cura dell'ambiente marino, di cui il Mediterraneo è componente essenziale, in Europa.

L'Italia è protesa nel Mediterraneo, in una diagonale che va da nord a sud e da ovest a est. Prima i Romani e poi le Repubbliche Marinare (soprattutto Genova e Venezia) hanno percorso il Mediterraneo per secoli, fondando città, allacciando contatti commerciali e culturali. La prima volta che ho girato in una città del nord Africa mi sentivo spaesato. Le scritte erano in caratteri incomprensibili. Ma poi mi sentii a casa a vedere i numeri sulle porte delle case. Almeno i numeri li scrivono come noi, mi sorpresi a pensare... No! Siamo noi a scrivere i numeri come "loro". E la nostra visione del mondo è cambiata quando abbiamo abbandonato i numeri romani e abbiamo iniziato ad usare i numeri arabi. Il Mediterraneo ci unisce più di quanto ci divida. Ma lo dobbiamo conoscere meglio, e dobbiamo conoscerci meglio.

La giornata Internazionale del Mediterraneo deve continuare, in ogni giorno dell'anno, per i prossimi decenni.

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Di Ferdinando Boero, presidente della Fondazione Dohrn, Napoli, ex professore ordinario di zoologia presso il Dipartimento di Biologia dell'Università di Napoli Federico II - CoNISMa/CNR-IAS/Stazione Zoologica Anton Dohrn.

28 novembre 2021
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