Roma, 31 mag. - (AdnKronos) - Nonostante l’intensificarsi della competizione per l’acqua come bene prezioso e la crescente importanza degli effetti del cambiamento climatico, le aziende europee hanno ancora molta strada da fare nel saper gestire in maniera adeguata le risorse idriche e il 62% non ha fornito dati in merito. E’ quanto emerge dal primo rapporto sull’acqua “State of play in corporate water stewardship” pubblicato da Cdp, organizzazione internazionale no profit e leader mondiale nella rendicontazione ambientale, i cui risultati sono stati raccolti grazie al supporto di Stavros Niarchos Foundation.
Il rapporto offre uno spaccato dello stato dell’arte delle azioni intraprese dalle aziende europee nei confronti della gestione delle risorse idriche.Il tema della crisi globale dell’acqua è di forte interesse per gli investitori istituzionali. Quest’anno infatti, grazie a Cdp, 643 investitori istituzionali hanno chiesto alle 299 principali società quotate europee, appartenenti a diversi settori industriali e ad alto rischio nell’utilizzo delle acque, di rendicontare la maniera in cui stanno fronteggiando il peggioramento della situazione idrica.
Il numero delle richieste da parte degli investitori è stato di quattro volte superiore rispetto al report 2010. Nonostante sia evidente l’avvio di azioni concrete da parte delle aziende, c’è ancora molta strada da fare. Il 62% delle aziende europee interpellate (186) non ha fornito dati. Solo una società europea, Metsä Board è riuscita ad entrare nella classifica globale “Water Climate A List” di Cdp che include attualmente 8 aziende a livello globale (tre in Giappone, due negli Usa e una in Sud Africa).
Per quanto riguarda il tasso di divulgazione delle informazioni sull’amministrazione idrica, l’Italia si posiziona come secondo paese con la più alta partecipazione al programma Cdp a livello Europeo (50%) seconda solo alla Francia (51%). Inoltre, Il 60% delle imprese Italiane partecipanti hanno identificato opportunità di business e implementato obiettivi concreti per l’amministrazione delle proprie risorse idriche.
Tuttavia, ci sono ancora dei frangenti dove le imprese italiane possono migliorare visto che solo il 10% dei partecipanti ha valutato l’impatto sul proprio business collegato ai rischi legati alle risorse idriche e solo il 20% ha condotto un’analisi dei rischi che includa sia le operazioni dirette che la filiera lunga.
Sono i gruppi energetici ed industriali a rispondere meno di tutti alle richieste di azione e trasparenza da parte degli investitori. Solo il 13% (settore energia) e il 16% (settore industriale) delle società quotate europee ha aderito al report Cdp con risposte precise circa le strategie di gestione delle acque per il 2015.Un dato scoraggiante se paragonato al dato medio di divulgazione ottenuto quest’anno che è stato pari al 38%.
Eppure oltre i due terzi delle aziende opera in ambito energia (65%) e più della metà delle imprese industriali (56%) ammettono che il proprio business è vulnerabile ai rischi connessi alla gestione delle acque. Inoltre, un quarto di queste aziende (25% energia e 22% imprese industriali) è già stata colpita da problemi legati all'acqua nel corso dell'anno passato: un tasso tra i più alti degli otto settori di rendicontazione tramite Cdp nel 2015.