Neanche le "truppe di decontaminazione" studiate per reaggiungere il cuore dei reattori di Fukushima resistono alle radiazioni. Almeno tre dei robot calati a gennaio nelle piscine del reattore 3 della centrale danneggiata dallo tsunami dell'11 marzo 2011 sono finiti fuori uso a causa delle barre di combustibile nucleare parzialmente fuse che dovevano spostare.
Missione al buio. I robot, la cui progettazione ha richiesto anni, dovevano nuotare nei tunnel delle piscine di raffreddamento della TEPCO (la Tokyo Electric Power Company) dove si trova il combustibile esausto: un'area talmente pericolosa per il livello di radiazioni da risultare inaccessibile all'uomo. Si stima che nel reattore 3, quello che versa nella situazione più critica, ci siano ancora 566 barre di combustibile nucleare da rimuovere, ma nessuno sa con precisione in quale posizione si trovino e quale sia il loro stato attuale.
Su misura. Ciascuno dei robot finiti in corto circuito, con le componenti elettroniche danneggiate in modo irreversibile, era stato ideato per le caratteristiche dei diversi edifici, e per costruirne di nuovi - ammesso che esista una tecnologia adatta - serviranno almeno due anni. Negli ultimi cinque, la TEPCO ha completato soltanto il 10% dei lavori di risanamento del sito, che richiederanno altri 30-40 anni.
Lontani da una soluzione. Posto che si riesca a raggiungere le barre, ancora si discute sui possibili siti di stoccaggio non solo del combustibile, ma anche dell'acqua usata per raffreddarlo, che continua a fluire nell'impianto dal sottosuolo e a contaminarsi. La barriera costruita dalla TEPCO per congelare il terreno attorno all'impianto e impedire all'acqua di entrarvi sembra funzionare soltanto a metà; e parte dell'acqua radioattiva delle vasche della centrale è stata - per colpa di alcune perdite - sversata nel Pacifico.
Nel video, uno dei robot impiegati nella centrale di Fukushima durante una dimostrazione: