La Tokyo Electric Power Company Holdings (Tepco), la compagnia giapponese che gestisce la centrale nucleare di Fukushima Daiichi danneggiata dallo tsunami che investì la costa del Tōhoku dopo il terremoto dell'11 marzo 2011, potrebbe dover riversare enormi quantità di acque radioattive nel Pacifico, quando lo spazio di stoccaggio sarà esaurito.
Lo ha dichiarato il Ministro dell'Ambiente giapponese Yoshiaki Harada, durante una conferenza stampa avvenuta a Tokyo martedì 10 settembre. Al momento oltre un milione di tonnellate di acqua contaminata sono conservate in quasi un migliaio di serbatoi attorno alla struttura. Quando lo spazio finirà, «l'unica opzione sarà liberarla in mare e diluirla» ha detto il Ministro, che ha aggiunto: «L'intero governo dovrà discuterne, ma mi piacerebbe offrire la mia semplice opinione».
Un mare di problemi. La Tepco è da anni alle prese con l'accumulo di acqua radioattiva. L'acqua di falda che scorre sotto la struttura si contamina quando entra in contatto con quella usata per impedire che i nuclei danneggiati dei tre reattori fondano. Il governo giapponese ha investito 34,5 miliardi di yen (l'equivalente di 291 milioni di euro) per costruire una barriera ghiacciata sotterranea che impedisca all'acqua di falda di raggiungere i reattori, ma la struttura è riuscita soltanto a ridurre il flusso da 500 a 100 tonnellate al giorno.
Tutto da rifare. Nel 2018, la Tepco ha ammesso che un sistema che avrebbe dovuto purificare l'acqua dalla maggior parte dei suoi elementi radioattivi non è risultato efficace. L'Advanced Liquid Processing Systems (ALPS) avrebbe dovuto rimuovere tutte le sostanze radioattive tranne il trizio, un isotopo radioattivo dell'idrogeno relativamente poco dannoso che è molto difficile separare dall'acqua. Acqua contaminata con il trizio viene regolarmente rilasciata nell'ambiente dagli impianti nucleari di tutto il mondo.
Incalzata da alcune inchieste giornalistiche, la Tepco ha dovuto tuttavia riconoscere che anche dopo il trattamento in molte delle taniche erano rimaste tracce di stronzio-90 e altri elementi radioattivi, forse perché i materiali assorbenti utilizzati non erano stati cambiati con la dovuta frequenza. L'azienda ha quindi promesso che procederà a una nuova purificazione, se il governo dovesse decidere per l'opzione di liberare l'acqua in mare.
Le soluzioni sul tavolo. Questa sarebbe la soluzione più economica tra quelle finora considerate. Altre possibilità sono l'evaporazione dell'acqua, la "sepoltura" dei serbatoi o lo stoccaggio a lungo termine in taniche praticamente inattaccabili, finché la radioattività del trizio, che ha un'emivita di 12,3 anni, non sarà pari a un millesimo di quella originaria.
La decisione finale spetterà al governo giapponese, che attende il parere di una commissione di esperti per dare istruzioni all'azienda.
La dichiarazione di Harada è stata definita dai colleghi un'"opinione personale". Intanto gli esperti avvertono: un altro forte terremoto potrebbe creare crepe nei serbatoi di stoccaggio, con il pericolo di una nuova contaminazione radioattiva.