Uno studio condotto da ricercatori dell'Università di Newcastle denuncia che i crostacei che vivono sui fondali della Fossa delle Marianne e in altre profondità oceaniche hanno ingoiato fibre artificiali, "plastiche". Lo si è scoperto grazie ai robot sottomarini scesi a 10.000 metri di profondità e oltre per realizzare le riprese per la nuova serie televisiva della BBC, Blue Planet II, e catturare alcuni esemplari per studiarli.
Ovunque nel mondo. Nello stomaco di alcuni crostacei portati in superficie sono state trovate fibre di nylon, polietilene e polivinile, e anche fibre ottenute da cellulosa, come rayon e lyocell.
Spiega Alan Jamieson, coordinatore delle operazioni, che «i risultati sono stati immediati e sorprendenti: lo studio dimostra che microfibre artificiali sono giunte in un ecosistema popolato da specie che ancora oggi conosciamo poco e di cui abbiamo dati molto limitati su come erano prima della contaminazione. A questo punto», sottolinea il ricercatore, «è quasi certo che non esistano ecosistemi marini che non siano stati in qualche modo contaminati e influenzati da detriti di origine antropica», ossia prodotti dalle attività umane.
Lo studio non si limita alla Fossa delle Marianne: analoghi risultati vengono dalle aree più profonde di tutto il Pacifico, dal Giappone al Perù, fino a Vanuatu (le ex Nuove Ebridi, Pacifico del sud). Gli esemplari catturati arrivano da profondità che vanno da 6.000 metri fino ai 10.890 metri delle Marianne.
Più plastica che pesce. Corpi estranei sono stati rinvenuti nel 50 per cento degli esemplari portati in superficie dai fondali in prossimità di Vanuatu, e in tutti (100%!) gli esemplari prelevati nella Fossa delle Marianne.
Gli organismi che vivono nelle profondità degli oceani banchettano con tutto ciò che arriva sul fondo - incapaci di distinguere il commestibile (tipicamente, organismi morti e parti in decomposizione) da quello che non lo è. Poiché la maggior parte delle fibre sintetiche rimane per lungo tempo sul fondo, prima o poi finisce nei loro stomaci.
Secondo le stime negli oceani vi sarebbero 300 milioni di tonnellate di plastiche e microplastiche - oltre 5.000 miliardi di frammenti: di questi, 250.000 tonnellate galleggia in superficie e va ad alimentare isole di plastica (garbage patch), mentre il resto è in profondità. Se non si interviene seriamente - avvisano gli scienziati - entro il 2050 il "peso" della plastica negli oceani sarà superiore a quello dei pesci.