Eternit e amianto, una "sentenza storica". Sedici anni per i due proprietari dell'Eternit di Casale Monferrato, 95 milioni di euro a garanzia del risarcimnento dovuto. È una sentenza storica perché il tribunale di Torino ha riconosciuto il dolo nel comportamento dei dirigenti dell'azienda, per avere messo il profitto davanti alla salute: disastro doloso e omissione dolosa di misure antinfortunistiche.
Per il secondo processo l'accusa sarà di omicidio volontario. Intanto questa è però una sentenza accolta anche con un poco di amarezza, spiega a Focus.it Vito De Luca, assessore all'ambiente di Casale Monferrato. «Gli anni chiesti erano venti e sono stati ridotti a 16... leggeremo e commenteremo le motivazioni, quando saranno disponibili. L'amarezza però non è per i 16 o i 20 anni e neppure per i milioni di euro che probabilmente non vedremo mai, ma per l'impossibilità di commisurare la pena quale risarcimento per ciò che è successo e continua a succedere a Casale, dove l'amianto fa e farà ancora vittime».
Cinquanta nuovi casi di mesotelioma ogni anno: a Casale e dintorni «non c'è più famiglia che non abbia almeno un parente, un amico, un conoscente vittima dell'asbestosi», afferma De Luca, e secondo gli studi del Centro di prevenzione oncologica piemontese l'incidenza del tumore, che ha tempi di latenza di vent'anni, crescerà nei prossimi dieci. Per l'epidemiologo Corrado Magnani si tornerà alla normalità (ossia alla normale incidenza percentuale di questo tipo di tumore, che è di 1 per milione di abitanti contro i 20 su 100.000 registrati a Casale) solamente tra 50-60 anni. Sempre che la bonifica sia stata completa e radicale.
Sul versante delle bonifiche, però, non tutto procede come dovrebbe. Da una parte c'è la questione della discarica, che già oggi non accoglie più lastre (il cemento-amianto, noto col nome commerciale di Eternit) ma solamente "polverino": «Tra quattro anni la discarica dovrà essere chiusa e l'area riqualificata», aggiunge De Luca. «Per quel momento la nuova discarica dovrà essere completamente predisposta per la lavorazione dei materiali e operativa.» I progetti ci sono e, sulla carta, anche i fondi: 47 milioni di euro in otto anni, per finanziare questo e altri interventi sul territorio.
C'è poi anche il controllo capillare del territorio e delle situazioni che via via diventano a rischio e che è affidato ai residenti, chiamati a censire nelle loro proprietà i manufatti in eternit (coperture, lastre isolanti...) o composti con polverino (marciapiedi, cortili, muretti...), e a monitorarne lo stato di conservazione, che va comunicato ogni anno. Se è ben conservato, l'eternit può infatti essere lasciato dov'è perché non rilascia fibre nell'ambiente, per dare invece la priorità alle situazioni più urgenti. Sembra una buona pratica, e tuttavia il censimento segna il passo forse a causa di aiuti insufficienti.
C'è, infatti, un contributo - a cui si accede tramite bando - di 30 euro al metro quadrato (o fino al 50% della spesa sostenuta) per la rimozione e il conferimento in discarica dell'amianto. Il contributo viene però erogato a fronte di spese già effettuate (anziché tramite accordi preventivi con aziende convenzionate) e con tempi medi di attesa di un anno. In più è di molto inferiore alla spesa da mettere in conto, per esempio, per gli interventi su di un tetto, che si aggirano attorno ai 100 euro al metro quadro. «È vero», ammette De Luca, «sono interventi costosi e certamente la crisi economica li rende ancora più impegnativi. I casalaschi dovrebbero però anche considerare che stiamo parlando di salute.»
Dall'inchiesta di Focus.it Mostri permanenti: 10 tra i luoghi più contaminati d'Italia (Giorgio Zerbinati, 2009).
Eternit è il nome commerciale di un materiale brevettato nel 1901: è un fibrocemento, un impasto di cemento e fibra d'amianto, ed è anche il nome dell'industria che lo produceva. Gli stabilimenti Eternit aprirono a Casale Monferrato nel 1907. Si producevano lastre ondulate per i tetti, tubazioni e rivestimenti, tutto in cemento-amianto [ a che cosa serve l'amianto? ]. Gli operai sbriciolavano e impastavano l'amianto con enormi frantoi, lavorandolo senza alcuna protezione (né consapevolezza dei rischi), immersi in una nube di fibrille. L'impianto di ventilazione espelleva all'esterno l'aria satura di polvere d'amianto e così venne contaminata anche l'intera città. Gli scarti di lavorazione, poi, venivano regalati agli abitanti che, ignari del pericolo, li usarono per consolidare la pavimentazione di marciapiedi e cortili. Nel 1986 la Eternit di Casale dichiara fallimento e chiude le fabbriche, spostando la produzione in altri Paesi (la Slovenia, per esempio) e lasciando il territorio contaminato per chilometri. Grazie a finanziamenti pubblici oggi gli stabilimenti sono stati bonificati ed è in corso lo smaltimento dei manufatti in cemento-amianto disseminati nel territorio. Nel frattempo, però, poiché l'amianto agisce lentamente, i malati e i morti di tumore fra gli ex operai e gli abitanti che lo respirarono continuano ad aumentare.
«A Casale il mesotelioma pleurico [ vedi ] e l'asbestosi [ vedi ] sono un flagello», diceva nel 2009 a Focus.it Bruno Pesce, oggi presidente dell'Associazione familiari vittime dell'amianto: «ogni anno abbiamo decine di nuovi casi, è una tragedia condivisa dall'intera popolazione.» Gli abitanti di Casale conducono da decenni una battaglia legale perché siano riconosciute ai dirigenti Eternit le responsabilità della contaminazione.
A CHE PUNTO SIAMO? Casale Monferrato è un sito contaminato di interesse nazionale dal 1998. «Fino a oggi è stato demolito e bonificato il nucleo centrale degli stabilimenti Eternit e bonificata una discarica di cemento-amianto abbandonata sulla riva del Po», riassume Ferdinando Albertazzi, nel 2009 direttore dell'Ufficio ambiente del Comune. Il compito più difficile, però, è recuperare e smaltire i manufatti in cemento-amianto disseminati sul territorio: tutte le informazioni utili sono sulle pagine online del comune.