La lotta ai cambiamenti climatici e l'eradicazione della povertà non sono obiettivi antitetici: la necessità di ridurre le emissioni inquinanti non può essere usata come alibi per non affrontare seriamente l'emergenza povertà globale perché, come si legge in uno studio pubblicato su Nature, risollevare dall'indigenza un miliardo di persone aumenterebbe soltanto di poco l'impronta di carbonio dell'umanità.
Povertà zero. Circa 700 milioni di persone vivono ancora in condizioni di povertà estrema, cioè con meno di 1,90 dollari al giorno. Il primo obiettivo di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 vuole "sradicare la povertà estrema" nei prossimi otto anni e "ridurre almeno della metà la quota di uomini, donne e bambini di tutte le età che vivono in povertà in tutte le sue forme, secondo le definizioni nazionali". Per inquadrare meglio le varie forme di povertà nel loro contesto, la Banca Mondiale ha di recente introdotto due altre soglie di misurazione della povertà nei Paesi a medio-basso e a medio-alto reddito, dove il costo della vita è più elevato (rispettivamente 3,20 dollari al giorno e 5,50 dollari al giorno).
Ma una maggiore disponibilità di denaro ha conseguenze dirette sui consumi e sullo stile di vita: meno persone in condizioni di povertà significa più persone che si spostano di frequente, che acquistano e consumano risorse - dunque, teoricamente, più emissioni di gas serra. È davvero così? Quanto costa, in termini di CO2 & affini, combattere la povertà globale?
Aumento minimo. Benedikt Bruckner, ricercatore dell'Università di Groninga (Paesi Bassi), ha provato a rispondere a questa domanda sfruttando un ampio database della Banca Mondiale che censisce i dati sui consumi delle persone in quattro macro-categorie di reddito (molto basso, basso, medio e alto). Il suo team, che include scienziati di Usa e Cina, ha analizzato 201 diverse voci di spesa per 116 Paesi, studiando dati rappresentativi del 90% della popolazione mondiale. Con questi dati è stato possibile farsi un'idea dell'impronta di carbonio provocata dai consumi delle persone nelle varie fasce di reddito e nei diversi Paesi.
Secondo i ricercatori, risollevare dalla povertà oltre un miliardo di persone, dunque non soltanto chi versa in una situazione di povertà estrema, provocherebbe un aumento delle emissioni globali di anidride carbonica, ma molto contenuto: si parla di un incremento compreso tra l'1,6 e il 2,1%. È vero che si tratta comunque di un'aggiunta di emissioni a una misura che è già colma, ma essa potrebbe anche essere facilmente compensata da un impegno di riduzione da parte dei pochi, grandi ricchi emettitori.
Non dimentichiamo infatti che le emissioni totali dell'1% delle persone più ricche al mondo sono maggiori di quelle del 50% più povero.
Disugaglianza carbonica. Secondo un rapporto di Oxfam in collaborazione con l'Institute for European Environmental Policy (IEEP) e lo Stockholm Environment Institute (SEI), per contenere l'aumento delle temperature rispetto all'era preindustriale a 1,5 °C, proprio quell'1% più ricco dovrebbe ridurre le proprie emissioni del 97% rispetto ad oggi.
Le cose non stanno andando in questa direzione: si stima che da qui al 2030 i gas serra prodotti dalla metà più povera di umanità rimarranno ben al di sotto di quanto sostenibile per restare all'interno degli Accordi di Parigi; mentre quelli emessi dall'1% più ricco supereranno la soglia sostenibile di 30 volte, e quelli del 10% più ricco di 9 volte. Se ci distribuissimo equamente la responsabilità potremmo permetterci di emettere circa 2,3 tonnellate di CO2 all'anno in atmosfera ciascuno: invece oggi, un italiano ne produce in media 9, e la maggior parte di chi vive nella povertà estrema meno di una.