Roma, 5 lug. - (AdnKronos) - E' forse tempo di crisi anche per le ecomafie e per i loro business illeciti che nel 2015 'fatturano' 19,1 miliardi, quasi tre miliardi in meno rispetto all’anno precedente (22 miliardi). Diminuiscono le infrazioni nel ciclo del cemento e dei rifiuti, ma crescono gli illeciti nella filiera agro-alimentare, i reati contro gli animali e soprattutto gli incendi, con un’impennata che sfiora il 49%. Roghi che hanno mandato in fumo più di 37.000 ettari e più del 56% si è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso.
Nella lotta all’ecomafia e agli ecoreati arrivano i primi segnali di una inversione di tendenza, dopo l’introduzione della legge sui delitti ambientali nel codice penale e un’azione più repressiva ed efficace. Nel 2015 diminuiscono gli illeciti ambientali accertati, sono 27.745 (oltre 76 reati al giorno, più di 3 ogni ora). Salgono a 188 gli arresti, mentre diminuiscono le persone denunciate (24.623) e i sequestri (7.055). Sono 18mila gli immobili costruiti illegalmente.
Il calo del business delle ecomafie è dovuto principalmente alla netta contrazione degli investimenti a rischio nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, che hanno visto nell’ultimo anno prosciugare la spesa per opere pubbliche e per la gestione dei rifiuti urbani sotto la soglia dei 7 miliardi (a fronte dei 13 dell’anno precedente). Sono questi i primi dati che emergono da Ecomafia 2016 di Legambiente, presentato oggi a Roma al Senato.
Nei primi otto mesi dall’entrata in vigore della legge sui delitti ambientali, sono stati contestati 947 ecoreati, con 1.185 denunce dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto e il sequestro di 229 beni per un valore di 24 milioni di euro. Sono 118 i casi di inquinamento e 30 le contestazioni del nuovo delitto di disastro ambientale. Ma per contrastare le ecomafie c’è ancora da fare, dato che la criminalità organizzata la fa ancora da padrone: 326 i clan censiti.
Nonostante il calo complessivo dei reati nel 2015, cresce l’incidenza degli illeciti nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), dove se ne sono contati ben 13.388, il 48,3% sul totale nazionale (nel 2014 l’incidenza era del 44,6%). La Campania con 4.277 reati, più del 15% sul dato complessivo nazionale, è la regione con il maggior numero di illeciti ambientali seguita da Sicilia (4.001), Calabria (2.673), Puglia (2.437) e Lazio (2.431).
Anche su base provinciale la Campania gode di un primato tutt’altro che lusinghiero: le province di Napoli e Salerno sono tra le due più colpite, rispettivamente con 1.579 e 1.303 reati, seguite da Roma (1.161), Catania (1.027) e Sassari (861).
La corruzione è un fenomeno sempre più dilagante: dal 1 gennaio 2010 al 31 maggio 2016 Legambiente ha contato 302 inchieste sulla corruzione in materia ambientale, con 2.666 persone arrestate e 2.776 denunciate.
La Lombardia è la regione con il numero più alto di indagini (40), seguita da Campania (39), Lazio (38), Sicilia (32) e Calabria (27).
Sul fronte dell'abusivismo edilizio, se nel 2007 il fenomeno pesava per circa l’8% sul totale costruito (stime Cresme), nel 2015 la percentuale è pressoché raddoppiata. Insomma, nel 2015 si sarebbero costruiti altri 18.000 immobili fuori legge. Male anche il ciclo del cemento: nel 2015 sono stati accertati quasi 5mila reati, 13 al giorno, ed effettuati 1.275 sequestri. Peggio fa la Campania, con il 18% delle infrazioni su scala nazionale, davanti a Calabria, Lazio e Sicilia. Anche su scala provinciale, quelle campane battono tutte le altre, con in testa Napoli (301 reati), poi Avellino (260), Salerno (229) e Cosenza (199).
Per quanto riguarda le attività organizzate di traffico illecito dei rifiuti, al 31 maggio 2016 le inchieste sono diventate 314, con 1.602 arresti, 7.437 denunce e 871 aziende coinvolte in tutte le regioni d’Italia, a cui sia aggiungono 35 Stati esteri (14 europei, 7 asiatici, 12 africani e uno dell’America Latina), per un totale di oltre 47,5 milioni di tonnellate di rifiuti finiti sotto i sigilli. Solo nelle ultime 12 inchieste di quest’ultimo anno e mezzo (gennaio 2015-maggio 2016) le tonnellate sequestrate sono state 3,5 milioni, più o meno l’equivalente di 141 mila tir.
Preoccupano gli illeciti legati alla filiera dell’agroalimentare: nel corso del 2015 sono stati accertati 20.706 reati e 4.214 sequestri. Il valore di questi ultimi ammonta a più di 586 milioni di euro. Il numero più alto di infrazioni penali è stato riscontrato tra i prodotti ittici con ben 6.299 illegalità accertate, mentre la contraffazione colpisce principalmente i prodotti a marchio protetto, come olio extravergine di oliva, vino, parmigiano reggiano e così via.
Sono circa 80 i distretti agricoli, da nord a sud, nel quale sono stati registrati fenomeni di caporalato. Nel 2015 le ispezioni sono cresciute del 59% ma con esiti davvero negativi, in pratica più del 56% dei lavoratori trovati nelle aziende ispezionate sono parzialmente o totalmente irregolari, con 713 fenomeni di caporalato registrati dalle autorità ispettive.
Le ecomafie continuano i loro affari anche nel racket degli animali con 8.358 reati commessi nel 2015. A rischio anche i beni culturali: lo scorso anno ne sono stati recuperati o sequestrati dalle forze dell’ordine per un valore che supera abbondantemente i 3,3 miliardi. Un valore 6 volte superiore a quello registrato nell’anno precedente, quando si era “fermato” intorno ai 530 milioni. Invece per quanto riguarda i roghi, alla Campania va la maglia nera per il numero più alto di infrazioni, 894 (quasi il 20% sul totale nazionale), seguita da Calabria (692), Puglia (502), Sicilia (462) e Lazio (440).
Quest’anno Ecomafia si arricchisce di due nuovi capitoli, il primo “Ecogiustizia è fatta” che ripercorre le tappe della legge che ha introdotto gli ecoreati nel codice penale.
Il secondo dal titolo “Ladri di biodiversità” contiene un focus sul mercato illegale del legno pregiato e dei pallet (imballaggi in legno usati per il trasporto delle merci). Secondo la Fao, il taglio illegale sarebbe la causa del 50% della deforestazione nelle foreste del Sud del Mondo.
Secondo l’Unep e l’Interpol l’illegalità in questo settore avrebbe un valore che oscilla tra i 30 e i 100 miliardi di dollari. Il mercato nero dei pallet solo in Italia movimenterebbe legalmente qualcosa come 120 milioni di unità all’anno, per un volume d’affari di circa 720 milioni di euro. Chiude il capitolo il caso dei cosiddetti predoni del Po, le bande di pescatori di frodo, soprattutto di origine romena, che fanno razzia di pesci lungo i canali del Grande fiume d’Italia.