Ecologia

Earth Day 2021: appena il 3% del nostro pianeta è ancora intatto

Il pianeta Terra è ancora ecologicamente intatto? E quanto? L'Earth Day è l'occasione giusta per parlarne e per capire che cosa possiamo fare.

Il 22 aprile si celebra il 41esimo Earth Day, la Giornata della Terra, un evento inventato nel 1970 dall'attivista pacifista americano John McConnell per onorare il nostro pianeta e l'idea stessa di "pace nel mondo", e che negli anni si è trasformato diventando uno dei simboli della lotta ai cambiamenti climatici – gli accordi di Parigi, per esempio, sono stati sigliati nel 2016 proprio durante l'Earth Day.

L'edizione del 2021 prevede tre giorni di incontri, discussioni e manifestazioni, a livello globale e anche locale (qui ci sono le informazioni sull'Earth Day italiano), che coinvolgeranno persone di tutte le età con una particolare attenzione alle giovani generazioni, che negli ultimi hanno trainato l'intero movimento in maniera più efficace, almeno a livello comunicativo, di quanto abbiano fatto gli adulti.

Ma esattamente, che cosa stiamo cercando di celebrare e proteggere? Un nuovo studio internazionale, pubblicato con agghiacciante tempismo su Frontiers, ci fornisce una risposta spaventosa: appena il 3% del nostro pianeta è ecologicamente intatto.

Aree protette
Le aree protette del pianeta. © UNEP-WCMC and IUCN, 2018a

30by30 oppure 3%? Una delle iniziative più importanti degli ultimi anni in termini di conservazione della natura è il progetto 30by30, che vede una lunga lista di Paesi del mondo impegnarsi a raggiungere un obiettivo ambizioso: rendere il 30% della superficie terrestre "area protetta" entro il 2030. Al momento siamo a metà strada: circa il 15% della superficie terrestre è area protetta.

Il che però non significa che sia ecologicamente intatta, e cioè, come si legge nello studio, che rispetti tre principi fondamentali: la presenza di un habitat intatto e non toccato da mano umana, un numero basso (o nullo) di specie che si sono estinte in tempi storici a causa del nostro intervento, e la presenza di abbastanza biodiversità da garantire la piena efficienza ecologica.

Ebbene, in tutta la Terra, la percentuale di ecosistemi che rispondono a tutti e tre questi criteri, dove flora e fauna sono le stesse che si sarebbero trovate 500 anni fa in epoca pre-industriale, si aggira tra il 2 e il 3%.

Conservazione, ripristino e reintroduzione. C'è un altro dato ancora più inquietante che emerge dallo studio: di questa minuscola percentuale di ecosistemi intatti, appena l'11% si trova all'interno di aree protette; al contrario, molte di queste aree si trovano in luoghi non formalmente protetti, ma gestiti da comunità indigene, che continuano ad avere un ruolo importante nel prendersi cura della loro integrità.

C'è quindi una sproporzione enorme tra quelle che consideriamo "aree protette", e dunque in un certo senso "a posto così", e gli ecosistemi che effettivamente sono ancora stabili e funzionali; oltre a proteggere quello che c'è, quindi, bisogna cominciare a considerare anche la necessità di ripristinare le aree degradate.

Secondo lo United Nations Environment Programme, una delle chiavi per ottenere questo risultato è la reintroduzione di specie animali e vegetali, che permettono all'habitat di ripristinare la propria funzionalità: interventi del genere potrebbero portare alla rinascita di circa il 20% degli ecosistemi terrestri attualmente degradati.

21 aprile 2021 Gabriele Ferrari
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