In un futuro sempre più cruelty-free e contro l'abbattimento animale, avremo più fonti proteiche tra cui scegliere: quelle ancora fuori portata della carne in provetta, quelle vegetali di legumi e derivati, e - una novità - quelle di filetti di pesce coltivati, cellula per cellula, in laboratorio.
La Finless Foods, una piccola azienda di biotecnologie con sede a San Francisco, ha deciso di investire in questo campo, inserendosi in una strada, quella di alternative sostenibili alla macellazione o alla pesca eccessiva, che da qualche tempo ha attratto investimenti nella Silicon Valley.
Brian Wyrwas e Mike Selden, 24 e 26 anni, hanno deciso di mettere a frutto la formazione su colture cellulari da usare in ambito medico, in un settore completamente diverso, e dai cospicui ritorni economici.
Facsimile. L'idea è riprodurre odore, consistenza e sfrigolio in padella dei filetti di pesce, a partire da poche cellule di animali ancora vivi (sacrificati per salvare le generazioni di pesci future) o appena morti in uno dei vicini acquari. Le cellule vengono messe in coltura in un mezzo che ne favorisca la crescita: poiché con quelle dei muscoli di pesce (da cui è tratto il filetto) non sembrava funzionare, i due hanno ripiegato sulle staminali coinvolte nella generazione di tessuto muscolare danneggiato, che possono essere riprogrammate per imitare quelle dei muscoli.
Finora hanno provato a partire da cellule di branzino, tilapia, pesce persico e acciuga, ma la vera star sarà il tonno rosso - sempre più raro e ricercato. E anche se immaginare sushi ricreato in provetta è complicato, Selden e Wyrwas assicurano che il procedimento è più economico di quello per la carne sintetica: le cellule di pesce possono essere coltivate a temperatura ambiente (anziché a quella corporea), con un notevole risparmio di elettricità.
Il sapore? Si aggiunge. Una volta perfezionato il procedimento di coltura, dare forma e sapore non sarà un problema: le industrie del surimi in Giappone riescono già a ricavare un'imitazione di granchi e aragoste partendo da una base di merluzzo, insaporita e zuccherata.
Catena di montaggio. Le varie fasi di lavorazione potrebbero essere poi commissionate ad altre start-up, già specializzate nella coltura di cellule per organi da trapianto o in stampa 3D. Insomma sostenibile, forse, facile e naturale un po' meno.
I primi filetti sintetici, se vi è venuta fame, potrebbero essere pronti entro la fine del 2019: ma la previsione suona un po' ottimistica.