Roma, 7 ago. (AdnKronos) - "Almeno il 70% del territorio italiano" escluso, ad oggi, dalla possibilità di costruirvi il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. E' quanto sottolinea all'Adnkronos Alessandro Bratti, presidente della Commissione d'inchiesta parlamentare sui rifiuti.
Dalla bozza della prima relazione della commissione, pubblicata in questi giorni, emerge infatti che, alla luce del criterio di esclusione delle aree ad elevata sismicità adottato dall'Ispra per la localizzazione delle aree potenzialmente idonee, "dell'Italia peninsulare restano in pratica solo la parte meridionale della Puglia, piccole zone della Basilicata ionica e del Molise e alcune zone costiere della Campania, del Lazio e della Toscana, zone che peraltro sono poi ulteriormente ridotte da un altro criterio che fissa una distanza minima di 5 Km dalla costa. Risultano del tutto escluse le Marche, l'Umbria e la quasi totalità dell'Emilia-Romagna".
"Noi abbiamo messo in rilievo - osserva Bratti - il fatto che è stato adottato un criterio da parte di Ispra molto restrittivo. Non è che non si può fare un deposito in aree dove c'è un rischio di sismicità, bisogna costruirlo con le caratteristiche idonee. Se si è deciso di essere così restrittivi, bisogna essere consapevoli che questa restrizione esclude dalla possibilità eventuale di costruire il deposito almeno il 70% del Paese".
Il parametro in questione prevede che "debbono essere escluse tutte le aree contrassegnate da un valore previsto di picco di accelerazione, in un tempo di ritorno di 2475 anni, pari o superiore a 0,25 g, secondo le vigenti Norme Tecniche per le Costruzioni (formulazione equivalente è: probabilità del 2% che in un periodo di 50 anni si verifichi un terremoto con picco di accelerazione pari o superiore a 0,25 g)".
"Questo criterio - si legge nella bozza - porta, da solo, all'esclusione di una larga parte del territorio nazionale, come può vedersi nella figura tratta dal documento dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia al quale la guida tecnica (n.29 dell'Ispra, ndr) fa rinvio".
Secondo quanto si legge, "un'esclusione così drastica potrebbe non essere necessaria, se si considera che le Norme Tecniche citate non stabiliscono, ovviamente, il divieto di costruzione nelle aree che siano contrassegnate da quei possibili valori di accelerazione, ma semplicemente fissano per esse determinate e più stringenti regole di progettazione, regole che non sarebbe certo difficile rispettare per le opere alle quali la guida tecnica è riferita".
Inoltre, è la considerazione contenuta nel documento, "non sembrerebbe necessariamente condivisibile che, in tema di sicurezza, la maggiore severità sia sempre e comunque la scelta migliore: in un processo multiparametrico, come è quello di localizzazione, fissare un solo criterio su basi più selettive di quanto oggettivamente necessario potrebbe portare all'esclusione di aree complessivamente più valide di quelle ammesse rispetto a quel solo criterio.
Ciò è tanto più vero per gli eventi sismici, i quali, come è stato pure affermato dall'Ispra stesso nel corso dell'audizione del 30 luglio 2015, non rappresentano per un'opera quale il deposito nazionale di rifiuti radioattivi un elemento di rilevanza maggiore, quanto invece gli aspetti idrologici ed idrogeologici del sito".