Roma, 14 gen. (AdnKronos) - Uova in testa, seguite dalle composte di frutta e dalle gallette di riso. E' il podio dei prodotti bio più venduti nella grande distribuzione, un mercato che vale oltre 860 milioni in termini di vendite con un incremento in 12 mesi del 20%. Sono i dati Nielsen presentati al convegno 'C’è un grande prato verde. Il biologico, grande opportunità per la Distribuzione Organizzata e le aziende copacker' organizzato da Assobio in occasione di Marca, Salone internazionale sui prodotti a Marca del Distributore, a BolognaFiere.
Il biologico esprime da un decennio tassi di crescita a due cifre, anche negli anni dell’ultima crisi dei consumi, nel canale dei punti vendita specializzati ma anche in Gdo, dove l’incremento delle vendite in un anno (novembre 2014 - novembre 2015) è stato del 20%, per un valore di 863,8 milioni.
Questi i prodotti bio più venduti in Gdo: al primo posto in valore le uova (vendite per oltre 61 milioni, +8,4% sull’anno precedente), al secondo posto le composte di frutta (oltre 60 milioni, +8,2%), l’alternativa a confetture e marmellate. Al terzo posto le gallette di riso (sfiorano i 50 milioni, +21,4%) e a seguire la frutta fresca (42 milioni, +12,4%). Oltre 37 milioni per i brick di bevande alla soia (+25,2%), 37 milioni per la pasta di semola (+29%), 35 per gli alimenti a base di soia (+37,3%), oltre 30 milioni di ortaggi (+8,3%), 29 milioni di latte fresco (+4,3%).
"In Gdo l’incremento medio in valore per le prime 15 categorie è del 18,6%, con un mimino del +4,3% per il latte e un massimo del +47,7% per l’olio extravergine d’oliva", precisa Roberto Zanoni, presidente di AssoBio.
"Dati molto positivi, certo, ma c’è ancora molto da fare. Come evidenziato oggi durante il convegno a Marca, il bio non deve rappresentare la nuova frontiera delle vendite; il bio è un sistema anche di valori, rappresenta un’agricoltura in grado di preservare l’ambiente, la biodiversità, capace di rispondere alle sfide globali e in questo modo deve essere considerato anche dalla Gdo. L’obiettivo è far comprendere agli operatori e ai consumatori il vero valore del bio, al di là del tema volumi e prezzi", aggiunge.
Assobio, associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici (55 soci, un fatturato biologico complessivo di circa 1 miliardo), non sposa né la politica della private label né della marca del produttore. "Importanti sono la collaborazione fra marca privata e marca del produttore e un approccio da category management per lo sviluppo degli assortimenti, profondità delle gamme, visibilità, innovazioni di prodotto, continuità negli standard qualitativi che il know how delle imprese italiane di produzione agricola e di trasformazione sono in grado di garantire", spiega Roberto Pinton, segretario di AssoBio.
Mano tesa, dunque, alla Gdo. "Il mercato è in crescita e va tutelato - chiarisce Zanoni - Riteniamo che tutti gli attori debbano confrontarsi, condividendo informazioni sulle criticità e utilizzando al meglio gli strumenti di cui noi ci siamo giù dotati, come i gruppi di lavoro tecnici sulle diverse produzioni, le piattaforme per la tracciabilità dei cereali e dell’olio sviluppate dalla nostra federazione interprofessionale FederBio per blindare qualità e integrità delle produzioni, linee guida e iniziative".
Da qui la richiesta di AssoBio di sollecitare insieme il ministero a un approccio orientato allo sviluppo, prevedendo nel Piano d’azione nazionale iniziative di informazione al pubblico di cui operatori dello specializzato e della grande distribuzione diventino protagonisti.
"In qualche Paese estero è già una realtà di estrema efficacia: una o più giornate nazionali del biologico in cui coinvolgere tutti gli operatori del settore, dagli agricoltori agli ipermercati, raccontando gli aspetti positivi della produzione biologica. Contiamo che il ministro Martina, da cui sono giunte parole di apprezzamento anche per la nostra presenza in Expo (sei impegnativi mesi di padiglione biologico) e Olivero, viceministro con delega all’agricoltura biologica ci diano una mano", conclude Pinton.