Ecologia

Dal mare alle passerelle, ecco come i rifiuti marini diventano moda

Roma, 4 gen. (AdnKronos) - Trasformare i rifiuti marini in plastica in capi di abbigliamento. E' l'idea di Ecoalf, una Pmi spagnola che disegna e commercializza prodotti tessili e accessori fatti con materiali riciclati come bottiglie in Pet, reti da pesca, pneumatici usati, caffè post-consumo e cotone post-industriale. Uno studio di fattibilità finanziato dall’Ue, intitolato Upcyclingtheoceans, è stato lanciato per analizzare la fattibilità economica e valutare le potenzialità di raccogliere rifiuti marini in plastica per produrre abbigliamento di alta qualità.

L'obiettivo, spiega la coordinatrice del progetto Paloma Oñate della Pmi spagnola Ecoalf a Cordis, la piattaforma legata alla Ricerca e Sviluppo della Commissione Europea, "è sviluppare tecnologie di produzione usando sofisticati processi di R&S per riciclare i detriti che si trovano in fondo all’oceano".

In particolare, "vogliamo creare la prima generazione di prodotti riciclati a partire da detriti marini con proprietà qualitative, di design e tecniche pari ai migliori prodotti non riciclati". Dallo studio finanziato dall’Ue è emerso l’importanza del coordinamento con le organizzazioni che si occupano di pesca. Per questo Ecoalf ha incontrato vari leader dell’industria e adesso sono stati raggiunti degli accordi con le organizzazioni regionali di Valencia.

Lo studio ha scoperto inoltre che la mancanza di punti di raccolta dei rifiuti nei porti ha ostacolato pesantemente in passato i tentativi di riciclo nei mari. “Un sistema integrale di gestione dei rifiuti deve quindi essere messo in essere in ogni porto,” dice Oñate. I vantaggi ambientali di questa iniziativa non si limitano semplicemente alla rimozione di una delle principali cause dell’inquinamento marino.

La produzione di fili di Pet a partire dai materiali riciclati, piuttosto che da materie prime non rinnovabili, significa il 20 % in meno di rifiuti in acqua, una riduzione del 50 % del consumo di energia e una riduzione del 60 % dell’inquinamento dell’aria durante il processo di produzione.

“Inoltre, se questi rifiuti a base di petrolio venissero rimossi dall’oceano, finirebbero in una discarica o in un inceneritore, causando emissioni nocive per l’ambiente o diventando rifiuti terrestri contaminati,” aggiunge Oñate.

4 gennaio 2016 ADNKronos
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