Lo spreco alimentare, ovvero il cibo che si perde nella filiera alimentare insieme a quello che si butta in casa, vale circa 16 miliardi di euro l'anno.
Con il World Food Day, la Giornata mondiale dell’alimentazione (16 ottobre), arrivano i dati aggiornati dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg e del progetto Reduce (Università di Bologna e Ministero dell’ambiente), che per la campagna Spreco Zero 2016 hanno riunito i monitoraggi sulle perdite e sullo spreco di cibo nella filiera (agricoltura, industria, distribuzione) sommandoli allo spreco alimentare domestico.
2 euro al giorno, tutti i giorni. Nella spazzatura di casa si calcola finiscano circa 8 miliardi di euro all’anno, ovvero circa 30 euro al mese a famiglia per 600 grammi circa di cibo sprecato. Complessivamente, però, lo spreco di cibo costa ogni anno circa il doppio agli italiani: innanzi tutto perché lo spreco domestico dichiarato nei sondaggi è quello percepito, non quello reale, che secondo i primi test dei Diari di famiglia Waste Watcher, vale almeno il 50% in più, ovvero 12 miliardi circa.
A questa cifra vanno poi sommate la perdita in campo (circa 1 miliardo e 25 milioni), gli sprechi nell’industria (circa 1 miliardo e 160 milioni) e nella distribuzione (circa 1 miliardo e 430 milioni). Si arriva così a una stima di 15 miliardi e 615 milioni di spreco alimentare annuo in Italia (elaborazione Distal Università di Bologna e Last Minute Market su dati Borsa Merci Bologna).
«I risultati di queste ultime stagioni spese per la sensibilizzazione di cittadini e amministratori sul tema dello spreco alimentare si sono tradotti nella nuova normativa antispreco e in una maggiore consapevolezza dei consumatori. Un’attenzione che vogliamo innanzi tutto tramandare ai nostri figli: insegnare a non sprecare è un atteggiamento educativo passato in un anno dal 62% al 78% degli italiani», spiega il fondatore di Last Minute Market, Andrea Segré, presidente del Comitato tecnico-scientifico Programma nazionale di Prevenzione rifiuti/sprechi.
«Ma le criticità sono ancora tante e resistenti», prosegue: «cresce la percezione che lo spreco domestico è un serbatoio enorme di spreco (dal 15% del 2015 al 24% del 2016) ma solo 1 italiano su 4 riconosce nello spreco domestico la vera voragine degli sprechi in Italia, mentre le "colpe" sono date frettolosamente alla distribuzione, alla ristorazione o alla filiera.»
Intanto, da novembre partirà il primo monitoraggio scientifico dei Diari di famiglia Waste Watcher, misurazioni scientifiche realizzate con Università di Bologna e Swg per calcolare lo spreco reale, non solo quello percepito.
Il progetto Reduce (Ricerca EDUcazione ComunicazionE), promosso dal Ministero dell'ambiente, a cura del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna, si occuperà di dare concretezza statistica e scientifica ai monitoraggi dei Diari attraverso la collaborazione di centinaia di famiglie di tutta Italia che per una settimana annoteranno dettagliatamente quantità e tipologia del cibo buttato, sottoponendo poi la loro spazzatura a un controllo incrociato per "certificare" lo spreco prodotto.
È già operativa la ricerca sulla ristorazione nelle mense scolastiche, dove si stima che vada sprecato fra il 20 e il 50% del cibo preparato, a seconda dei menù. Riso alla zucca, bietole e radicchio sono gli alimenti in assoluto meno graditi (qui gli sprechi superano il 60%). «Questo perché - spiega Luca Falasconi, responsabile scientifico di Reduce - i bambini a casa non sono abituati a mangiare verdura o alimenti come la zucca e le bietole, quindi a scuola accolgono male questi cibi. A dimostrazione dell’importanza di avviare nel Paese anche una capillare campagna di educazione alimentare.»