Un nuovo strumento sviluppato dal Muse (Museo delle scienze di Trento) in collaborazione con il dipartimento di biotecnologie dell'università di Verona e con le aziende Oxford Nanopore e Biodiversa, promette di rivoluzionare lo studio della biodiversità. Il sistema è composto da un kit che contiene la strumentazione per l'estrazione del DNA e il suo trattamento, al fine di leggerne la sequenza di basi e scoprire a chi appartiene - trasmettendo l'informazione a uno o più archivi scientifici, il tutto in tempo reale o quasi.
Piccolo, portatile. Il sistema sfrutta principi noti e collaudati - i primi rudimenti della lettura del DNA risalgono al 1977 - ma ha il pregio di non richiedere grandi strutture né un laboratorio ad hoc o temperature più basse (o più alte) di quella ambiente. L'apparecchio, delle dimensioni di una grossa valigia, è alimentato da una batteria non diversa da quella di un’automobile.


Nella versione finale il kit dovrebbe anche includere uno strumento per la trasmissione elettronica della sequenza ai database di riferimento, in modo da controllare in tempo reale quale sia la specie cui appartiene il campione. Il tutto abbattendo in maniera drastica il costo dell’operazione.
Le applicazioni. Lo scopo principale, secondo i ricercatori del Muse che hanno effettuato numerose spedizioni nei Paesi della fascia tropicale, è di riconoscere le specie selvatiche su base molecolare nei Paesi della fascia intertropicale. Queste nazioni hanno infatti sempre sofferto di un gap tecnologico che non consentiva loro di studiare direttamente la biodiversità, appoggiandosi invece ai Paesi sviluppati, anche per esaminare campioni locali.
Oltre a documentare e studiare la varietà delle specie animali e vegetali, il kit potrebbe essere applicato in altri campi, come la medicina, nelle indagini doganali sul commercio di specie protette, nella lotta alle specie aliene o nella corrispondenza prodotto-etichetta nei prodotti alimentari e molti altri impieghi.