(Aggiornamento del 13/12/2023). A dispetto di ogni previsione (vedi news qui sotto), la COP28 si è chiusa con un accordo da molti definito "storico" perché per la prima volta menziona esplicitamente la necessità di allontanarsi dai combustibili fossili, e di farlo a partire da ora. Il testo dell'accordo prevede infatti «la transizione fuori dai combustibili fossili» da compiere in modo accelerato «in questo decennio cruciale al fine di raggiungere le emissioni zero nel 2050».
Non era mai successo prima nella storia delle COP che nell'accordo finale si facesse un chiaro riferimento al futuro di tutti i combustibili fossili (petrolio, carbone e gas), anche se la dichiarazione ha toni più morbidi e sfumati da quelli auspicati dagli scienziati. Infatti è stata preferita l'espressione "transitioning away" (transitare fuori) alla più netta "phase out" (eliminazione) chiesta a gran voce dai Paesi più preoccupati dalle conseguenze della crisi climatica.
Inoltre le parti vengono "chiamate a contribuire" a questa transizione, un linguaggio che non implica obblighi ma più un impegno volontario, di entità non meglio precisata, definito troppo debole dagli attivisti che hanno atteso ai lavori. Un accordo imperfetto, dunque - o un colpo di mano, nella prospettiva delle Nazioni Insulari che denunciano di non aver potuto leggere il testo finale - ma che riconosce ai combustibili fossili la responsabilità del riscaldamento globale e che auspica a una profonda, rapida e sostenuta riduzione del loro utilizzo per limitare il rialzo delle temperature globali a +1,5 °C dall'era preindustriale.
Le battute finali della COP28, la ventottesima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico in corso a Dubai dal 30 novembre, si stanno giocando tutte su differenze terminologiche sottili soltanto sulla carta. Dalla bozza finale della dichiarazione conclusiva del vertice è infatti scomparsa, lunedì 11 dicembre, l'espressione "phase out", cioè eliminazione, riferita ai combustibili fossili, presente invece nelle precedenti bozze. Mentre scriviamo, la partita non è ancora chiusa, ma le trattative sul testo, che avrà ricadute politiche importanti, si stanno facendo tese.
L'unica strada possibile. Per contenere il riscaldamento globale a un massimo di 1,5 °C gradi dall'era preindustriale (e scongiurare gli effetti più drammatici e irreversibili della crisi climatica) non c'è alternativa all'abbandono dei combustibili fossili e delle loro emissioni climalteranti. Già in chiusura della COP27 era stato ribadito questo obiettivo ma non il modo per arrivarci, visto che si era parlato soltanto di una riduzione ("phase down") dell'uso di carbone e soltanto di esso - non di petrolio e gas, per approfondire.
colpo di spugna. Una bozza di dichiarazione finale pubblicata domenica 10 dicembre menzionava «un'eliminazione ("phase out") dei combustibili fossili in linea con la migliore scienza disponibile». Ma nel testo proposto lunedì 11 dicembre il termine "phase out" è sparito, e i toni sono apparsi molto più sfumati: le nazioni, si legge, dovrebbero puntare a una «riduzione sia del consumo che della produzione di combustibili fossili in modo giusto, ordinato ed equo, per raggiungere le emissioni zero entro, prima o intorno al 2050, come raccomandato dalla scienza».
Termini di un certo peso. Anche se la differenza linguistica può non sembrare profonda, la scelta dell'uno o dell'altro termine può avere un impatto significativo sugli sforzi che i più grandi emettitori (ben rappresentati alla COP28) sono chiamati a compiere. Il testo contiene anche un riferimento alle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio sulle quali puntano molto i Paesi estrattori, che tuttavia sono ancora molto costose e non possono essere viste come un'alternativa alla transizione energertica.
Le reazioni. I Paesi che alla COP28 si stanno giocando non il futuro prossimo, ma la quotidiana sopravvivenza, come le Nazioni insulari, hanno condannato la bozza definendone il testo inaccettabile. «Non siamo venuti qui a firmare il nostro certificato di morte», ha dichiarato il portavoce dell'Alleanza delle piccole isole, il Ministro per l'ambiente samoano Toeolesulusulu Cedric Schuster. L'Unione Europea e gli USA hanno giudicato la dichiarazione rispettivamente "deludente" e "da rafforzare" in molte sue parti.
Una buona notizia. Una nota positiva invece è il riferimento alla promessa di triplicare la capacità installata di energia rinnovabile e raddoppiare l'efficienza energetica entro il 2030, siglata da oltre 100 Nazioni.