Ecologia

Le conseguenze dei cambiamenti climatici sugli accordi internazionali di pesca

A causa dei cambiamenti climatici sempre più pesci migreranno, svuotando alcune regioni marine a favore di altre e costringendo i Paesi a trovare nuovi accordi sui diritti di pesca.

Tra le tante conseguenze dei cambiamenti climatici, ce n'è una alla quale non si pensa spesso: lo spostamento delle specie marine a causa del riscaldamento degli oceani. Uno studio pubblicato su Global Change Biology ha indagato sul tema, rilevando che entro il 2100 gli effetti dei cambiamenti climatici porteranno quasi la metà dei pesci che ora nuotano in una o più zone economiche esclusive (ZEE, la porzione di mare adiacente alle acque territoriali) a migrare dai propri habitat storici, rischiando di creare seri conflitti internazionali.

Migrazioni. La ricerca ha tracciato gli spostamenti dal 2006 di oltre 9.000 risorse ittiche transfrontaliere (pesci, cioè, che attraversano le ZEE di due o più Stati vicini), che rappresentano l'80% di ciò che viene pescato nelle ZEE di tutto il mondo, effettuando delle stime fino al 2100. È emerso che già entro il 2030, se non si farà nulla per ridurre le emissioni inquinanti di gas serra, il 23% di queste risorse ittiche non vivrà più nel proprio habitat storico, e il 78% delle ZEE sarà interessato dallo spostamento di almeno una risorsa ittica; entro il 2100 queste percentuali saliranno, con la migrazione del 45% delle risorse e il coinvolgimento dell'81% delle ZEE.

Cambiare le regole. «Molte delle risorse ittiche condivise tra Paesi migreranno», spiega Juliano Palacios-Abrantes, coordinatore dello studio, che sottolinea: «la maggior parte degli accordi per la gestione della pesca fatti per regolare le risorse ittiche condivise vennero stipulati decenni fa, con regole valide per una situazione ben diversa da quella attuale.» Questi cambiamenti rischiano di alimentare tensioni in ambito di politica internazionale (visto anche i ricavi del settore, tra il 2005 e il 2010 stimati in 76 miliardi di dollari solo per la pesca di specie transfrontaliere), con Paesi che chiederanno di avere accesso a maggiori risorse ittiche.

«Noi scienziati, a un certo punto, non possiamo fare altro, e la questione diventa politica», sottolinea Gabriel Reygondeau, uno degli autori. Il consiglio dei ricercatori è quello di rivedere gli accordi stipulati in precedenza alla luce dei cambiamenti, decidendo magari di permettere ai pescatori dei Paesi confinanti di pescare nelle proprie acque, condividendo i profitti o quanto pescato.

2 febbraio 2022 Chiara Guzzonato
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