Ogni anno 931 milioni di tonnellate di alimenti - il 17% del totale del cibo prodotto nel mondo - finiscono sprecati nelle fasi successive alla produzione primaria, nelle case, nei ristoranti o durante la vendita al dettaglio. In molti casi queste fonti di nutrimento buone e commestibili, che sono state inutilmente coltivate o preparate - finiscono nelle discariche, dove decomponendosi generano metano, un gas serra con un potere immediato di trattenere calore molto maggiore di quello della CO2.
E se invece di destinare gli scarti di cibo a questa triste e paradossale fine, li usassimo per ricavare qualcosa di utile?
Guadagnare dagli scarti. La questione è al centro di un articolo appena pubblicato sul sito della MIT Technology Review, che inquadra la situazione negli Stati Uniti. Al di là dell'Atlantico stanno infatti aumentando le aziende interessate alla... spazzatura di negozi di alimentari o della ristorazione, nella quale vedono a buona ragione una miniera di energia potenziale. Una di queste è la compagnia statunitense Divert, che ha appena annunciato di aver ricevuto un finanziamento da un miliardo di dollari da investire in infrastrutture specializzate nella digestione anaerobica.
Batteri affamati. Questo è un processo già usato nel trattamento delle acque di scarico o nella gestione del letame delle aziende agricole, e che si sta gradualmente affermando anche nel settore degli scarti di cibo. Gli avanzi recuperati dalle attività che li vogliono smaltire vengono ridotti in liquame, separati dalla plastica e dati in pasto a microrganismi che lavorano in assenza di ossigeno in reattori chiusi (digestori). Questa comunità di batteri si nutre dei resti di cibo e ne ricava biogas e un prodotto solido - il digestato - che può essere usato come fertilizzante del suolo.
Un affare per tutti. Il biogas è una miscela composta principalmente da metano, anidride carbonica e acido solfidrico, composti che però, negli impianti di questo tipo, non vengono liberati nell'aria ma usati come alternativa energetica al gas naturale. Alcuni reattori sfruttano il biogas per alimentare le loro stesse operazioni; in altri casi il biogas viene venduto e incanalato in impianti che alimentano altri complessi industriali o gli ambienti domestici. In questo modo non solo si evitano emissioni derivanti dallo spreco di cibo - che se fosse un Paese sarebbe il terzo emettitore mondiale dopo Cina e Stati Uniti - ma si usano gli scarti per ricavare energia.
Una rete da espandere. Soltanto negli USA si generano ogni anno 60 milioni di tonnellate di sprechi di cibo, il 30% della produzione totale del Paese.
Gli impianti deputati alla digestione anaerobica sono circa 2.000 in tutto il territorio ma ancora pochi, tra questi, sono specializzati nel trattamento dei rifiuti alimentari. L'azienda Divert calcola di poter gestire il 5% del cibo sprecato negli USA entro la fine del decennio. Una goccia nel mare degli sprechi mondiali, ma da qualche parte bisognerà pure iniziare.