Che cosa c'è di meglio di un cocktail ghiacciato in riva al mare durante una calorosa sera d'estate? Per noi probabilmente nulla, ma l'ambiente avrebbe qualcosa da ridire.
Come sottolinea un articolo di Scientific American, produrre e mantenere il ghiaccio è un'operazione tutt'altro che ecologica, che richiede grosse quantità di acqua ed energia elettrica. Ecco perché, in tempi di cambiamenti climatici, forse sarebbe meglio ripensare a come e quanto raffreddare i nostri drink.
Un po' di storia. Erano i primi dell'Ottocento quando Frederic Tudor, un visionario imprenditore di Boston, ebbe l'idea di tagliare cubi di ghiaccio dal lago ghiacciato del Massachusetts e spedirlo in Paesi caldi come Cuba.
Oltre a conservare meglio carne e latte, il ghiaccio divenne presto un ingrediente insostituibile per i barman cubani: quando nel 1815 Tudor viaggiò verso l'isola caraibica, spiegò ai baristi come adattare i loro drink tipici a una versione ghiacciata. Il resto è storia: il ghiaccio trasformò quello del barista da semplice lavoro a mestiere che includeva creatività e chimica.
Perché si usa? Il ghiaccio non si usa solo per raffreddare una bibita, ma anche per cambiarne consistenza e sapore, shakerandola e diluendola: «Quando si shakerano 100 grammi di ghiaccio per 12 secondi, si generano 2.200 watt di energia», spiega lo scienziato alimentare Dave Arnold. «Non esistono altri modi per estrarre calore da qualcosa in modo così rapido».
Diamo i numeri. I nodi vengono al pettine quando guardiamo ai numeri: è difficile quantificare quanto ghiaccio un bar usi in media, poiché dipende dalla quantità di clienti che vengono serviti in una sera, ma secondo gli esperti il minimo è 90-130 kg di ghiaccio a sera.
Produrre ghiaccio consuma un sacco di energia, principalmente a causa delle macchine ad aria o ad acqua che vengono utilizzate per mantenerlo per ore: quelle ad acqua sono generalmente più efficienti − consumano più di 45 litri di acqua per 45 kg di ghiaccio – di quelle ad aria, che per produrre 45 kg di ghiaccio richiedono 378 litri di acqua. In natura il rapporto è 1:1 (45 litri di acqua per 45 chili di ghiaccio). Il ghiaccio che ogni sera rimane inutilizzato, finisce giù per il lavandino, con un ulteriore spreco di acqua.
Possibili soluzioni. Vi sono diverse soluzioni per rendere i nostri cocktail più sostenibili, e vanno dall'utilizzare cubi di ghiaccio ricavati dagli "scarti" delle aziende produttrici di ghiaccio, che non hanno forme perfette ma raffreddano ugualmente, a sostituire il ghiaccio tritato con nitrogeno liquido.
Che dire, invece, dei cubi refrigeranti in pietra ollare o acciaio inox? Secondo Jennifer Colliau, esperta di cocktail sostenibili, sono una stupidaggine: «Possono essere freddi quanto vuoi, ma non raffredderanno mai la bibita perché non si sciolgono e quindi non avviene il trasferimento termico di energia», spiega.
Insomma, è arrivato il momento di ripensare al nostro modo di prendere l'aperitivo, bevendo cocktail freddi ma non ghiacciati, magari a base di liquori o vini fatti di ingredienti locali e non di frutta esotica proveniente dall'altro capo del mondo.