Se il cemento fosse un Paese, sarebbe il terzo più grande emettitore di gas serra, dietro Cina e Stati Uniti: il cemento è il materiale più utilizzato sulla Terra, consumato ad esempio per produrre calcestruzzo alla velocità di 150 tonnellate al secondo. Secondo la Global Cement and Concrete Association (GCCA), ogni anno vengono gettati circa 14 miliardi di metri cubi di calcestruzzo. E in tal modo la produzione del cemento è responsabile fino al 7 per cento delle emissioni globali di CO2, pari a tre volte le emissioni prodotte dall'aviazione.
Il cemento è il principale legante che tiene insieme i ciottoli e le pietre nel calcestruzzo. È costituito principalmente da clinker, ottenuto dalla cottura di argilla e calcare in una fornace. Nel processo si produce anidride carbonica, che finisce in atmosfera. Per fornire una tonnellata di cemento, il processo di cottura a 1.400 °C produce circa una tonnellata di CO2. Questo sistema, rimasto inalterato da quando il cemento è stato prodotto per la prima volta, oltre 200 anni fa, è responsabile del 70 per cento delle emissioni, mentre il restante 30 per cento proviene dall'energia utilizzata per tenere accesi i forni di lavorazione.
Obiettivo 2050. L'industria del calcestruzzo ha dichiarato di voler essere "carbon neutral" entro il 2050. Come primo passo, a ottobre ha fissato un obiettivo di riduzione delle emissioni "del 25 per cento entro il 2030". Ciò consentirebbe di evitare l'immissione in atmosfera di circa cinque miliardi di tonnellate di CO2 nel corso del decennio a venire. Non un cambiamento epocale, ma comunque un passo in avanti considerato che le emissioni globali di anidride carbonica da parte dell'uomo si aggirano attorno ai 37 miliardi di tonnellate l'anno.
La riduzione o l'eliminazione delle emissioni di CO2 dal settore dipende fortemente da tecnologie come la cattura e lo stoccaggio del carbonio che devono ancora essere implementate su una scala significativa. Ma, per quanto riguarda l'industria del cemento, esistono anche sistemi totalmente nuovi, come il riciclaggio del vecchio calcestruzzo e la sostituzione degli idrocarburi per i suoi altiforni con biocarburanti.
Novità dalle start-up. Colossi statali come la China National Building Material Company hanno promesso di "fare la loro parte" nella decarbonizzazione del settore, ma non prevedono interventi radicali - che farebbero alzare il prezzo del cemento. Ci sono però anche nuove aziende che sperimentano soluzioni per ridurre le emissioni.
Solidia, negli Stati Uniti, prevede di catturare la CO2 e utilizzarla per essiccare la miscela di calcestruzzo, riducendo anche al minimo la quantità di acqua necessaria alla produzione.
In Canada, CarbonCure sta studiando come iniettare CO2 liquefatta nel calcestruzzo e lì immagazzinarla, mentre la francese Hoffmann Green Cement già produce cemento a partire da rifiuti industriali: fanghi di argilla, scorie di altoforno e ceneri volanti (sottoprodotto della combustione del carbone).
Nuove regole. In alcuni Paesi c'è anche una spinta politica. La Francia, ad esempio, Paese che ospita diverse importanti aziende produttrici di calcestruzzo, ha recentemente emanato un nuovo regolamento per la produzione del cemento. A partire dal 2022 tutti i nuovi edifici saranno soggetti a restrizioni sul carbonio per tutta la durata della loro vita, dalla costruzione alla demolizione. La posta in gioco per il pianeta è alta: l'Onu stima che i tre quarti delle infrastrutture mondiali necessarie entro il 2050 devono ancora essere realizzate e dunque il cemento (o chi per esso) avrà ancora un ruolo fondamentale.