Ecologia

Clima: i Paesi ricchi dovrebbero risarcire quelli poveri

Uno studio prova a fare i conti di perdite e danni arrecati al clima da chi ha lungamente sfruttato le possibilità offerte dai combustibili fossili.

Uno dei punti sui quali si fatica a raggiungere un accordo nelle conferenze delle parti (COP) sul clima, inclusa quella di Glasgow, riguarda le compensazioni alle perdite e ai danni ("loss and damage") provocati dai cambiamenti climatici nei Paesi che ne sono meno responsabili. I grandi emettitori sono finora riusciti a svincolarsi da ogni promessa di restituzione economica per le catastrofi derivate dal loro uso sfrenato di combustibili fossili, aggrappandosi a vari alibi: primo fra tutti il fatto è molto difficile attribuire un singolo e specifico evento nefasto alla trasformazione che stiamo imponendo al clima globale.

Un tema dibattuto. Nella definizione di "loss and damage" della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC) rientrano i danni e le perdite derivanti da eventi improvvisi (per esempio i disastri climatici) e da processi a lenta insorgenza (come l'innalzamento del livello dei mari o la desertificazione): è però molto più facile quantificare i danni economici di un tifone che stimare quelli portati da fenomeni più a lungo termine, come la salinizzazione delle coste in una nazione insulare dovuta all'avanzata del mare nell'entroterra.

Per tutte queste ragioni, non si è mai arrivati a stabilire una vera e propria responsabilità legale dei Paesi che si sono arricchiti usando fonti inquinanti nei confronti di quelli più poveri e vulnerabili, oggi più esposti alle conseguenze del clima che cambia.

Conta dei danni. Una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Climatic Change punta a calcolare, almeno in modo parziale, l'impatto economico causato dai grandi emettitori alle altre nazioni. Secondo gli autori, due scienziati dell'Università di Dartmouth (USA), gli Stati Uniti - il Paese responsabile delle maggiori quantità di gas serra liberate in atmosfera - avrebbero provocato, dal 1990 al 2014, 1,9 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari di danni climatici ad altre nazioni, inclusi 310 miliardi di dollari al Brasile, 257 all'India, 124 all'Indonesia, 104 al Venezuela e 74 alla Nigeria. Nello stesso periodo di tempo gli USA avrebbero ricavato 183 miliardi di dollari dall'utilizzo dei combustibili fossili.

Classifica del disonore. Per arrivare a queste stime, i ricercatori hanno calcolato la quantità di CO2 emessa da ciascuna nazione e "tradotto" l'impatto di queste emissioni sul riscaldamento globale. Questo risultato è stato poi confrontato con studi che analizzano la relazione tra aumento delle temperature e danno all'economia di ciascun Paese. Seguendo questi ragionamenti, dopo gli Stati Uniti chi ha inferto più danni al clima globale è la Cina (1,8 trilioni di dollari), seguita da Russia (986 miliardi di dollari di danni), India (809 miliardi) e Brasile (528 miliardi).

Insieme, USA e Cina hanno causato un terzo dei danni economici legati alla crisi climatica.

Chi ci ha rimesso di più. I Paesi più colpiti dalle perdite economiche da disastri climatici sono invece Brasile, India, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Indonesia: non perché siano i più fragili e vulnerabili, ma perché si tratta delle principali potenze economiche situate in zone calde e sensibili ai cambiamenti climatici (India e Brasile sono anche oggi tra i principali emettitori). I più duramente colpiti basandosi sull'impatto sul Prodotto Interno Lordo sono invece Emirati Arabi Uniti, Mauritania, Arabia Saudita, Oman e Mali. 

Ferite insanabili. Secondo gli autori del lavoro, studi come questo potrebbero essere usati come prove nei tribunali internazionali durante futuri processi per ottenere risarcimenti economici dai grandi emettitori. I Paesi meno responsabili dell'attuale crisi climatica sono infatti anche quelli che ne stanno pagando maggiormente il prezzo. E non parliamo soltanto di danni economici: quello che lo studio manca di quantificare, è il costo sociale, culturale e storico dei cambiamenti climatici indotti dall'uomo.

Ci sono perdite che non sono calcolabili, e forse neanche risarcibili, come l'erosione della biodiversità, la cancellazione delle comunità locali azzerate dall'avanzata dei mari e dalla distruzione degli habitat, la rescissione di legami familiari dovuta alle migrazioni forzate, la frammentazione del territorio, il venir meno dell'identità culturale. Di tutto questo chi risponderà?

22 luglio 2022 Elisabetta Intini
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