Ecologia

Clima: le nuove promesse e i difficili confronti

Per i potenti sono i giorni dei "buoni propositi" sul clima. Se ne riparlerà alla COP26, ma nel frattempo: ha senso confrontare i tagli annunciati?

Nel meeting virtuale sull'emergenza climatica di giovedì 22 aprile, Giornata della Terra 2021, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha promesso che gli USA taglieranno le emissioni di gas serra del 50-52% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005. Il nuovo obiettivo sancisce a tutti gli effetti il rientro dell'America negli Accordi di Parigi dopo l'era Trump, e addirittura raddoppia gli impegni sul clima annunciati in precedenza da Obama. «Dobbiamo provare a mantenere l'aumento della temperatura terrestre entro 1,5 °C - ha detto Biden - il mondo oltre +1,5 °C significa incendi più frequenti ed intensi, inondazioni, siccità, ondate di calore e uragani, che spezzano comunità, strappano vite e mezzi di sostentamento.»

Un difficile confronto. Quello statunitense è uno degli impegni sul clima più consistenti tra quelli annunciati finora, ma confrontare le promesse fatte dai vari Paesi (o anche solo dalle diverse amministrazioni di uno stesso Paese) sui tagli delle emissioni di gas serra è, come spiega un articolo sul New York Times, un'operazione complicata. Molto dipende dall'anno di riferimento scelto per le riduzioni: per gli USA è il 2005, il periodo in cui gli Stati Uniti raggiunsero il picco delle emissioni da combustibili fossili. Per l'Unione Europea, che si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, è il 1990, il periodo nel quale le emissioni dannose europee stavano già cominciando a calare per effetto delle prime politiche sul clima e del crollo delle inquinanti economie del blocco sovietico.

Dalle parole ai fatti. Un conto sono poi le promesse e un altro le riduzioni effettive, e soprattutto la velocità con qui si raggiungono. Il Giappone si è per esempio impegnato per un taglio del 44% delle emissioni serra entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005, e il Canada a riduzioni del 40-45% per la stessa data. Ma per evitare le conseguenze più catastrofiche della crisi climatica abbiamo bisogno di raggiungere la neutralità carbonica al massimo per il 2050 - entro quella data, ogni emissione da combustibili fossili che non possa essere del tutto evitata dovrà essere per lo meno bilanciata da tecnologie o foreste per rimuovere la CO2 dall'atmosfera.

Lo stesso tempo per inquinare. Unione Europea e Stati Uniti sono insieme responsabili di un quarto delle emissioni globali di gas serra. Per molti Paesi un tempo considerati in via di sviluppo e ora economie emergenti, come Cina e India, le promesse sul clima devono ancora essere annunciate.

Il picco delle emissioni non è ancora stato raggiunto né si ha fretta di raggiungerlo - del resto, i Paesi occidentali hanno avuto tutto il tempo di sfruttare i combustibili fossili, arricchirsi e provocare la situazione in cui versiamo.
 
La Cina ha previsto che il suo picco di emissioni serra arriverà al più tardi nel 2030. Prima di quella data difficilmente prenderà impegni di riduzione, ma da quel punto in avanti punterà a emissioni nette zero al massimo per il 2060. L'argomentazione cinese è più o meno questa: il processo di industrializzazione nel Paese è stato più lento, è più lenta sarà la decarbonizzazione. La Cina ha però assunto alcuni impegni concreti a più breve termine, come incrementare di molto la superficie occupata da foreste e combattere l'uso degli idrofluorocarburi usati come refrigeranti.

Le emissioni pro-capite. L'India, che non ha formulato impegni sul clima, ha sottolineato il fatto che le emissioni pro-capite nel Paese sono più basse del 60% rispetto alla media globale. I cittadini dell'India - ha detto il Primo Ministro Narendra Modi - hanno standard di vita più poveri di quelli di Europa e USA e non è giusto pretendere gli stessi livelli di riduzione. In effetti, se si guarda alle emissioni di gas serra pro-capite, con 17,6 tonnellate di CO2 a persona (dati 2019) gli USA continuano a superare di gran lunga qualunque altro Paese (Cina 10,1; Europa 7,4; India 2,5 - Fonti Rhodium Group, World Bank via The New York Times). 

Se ciascun Paese mantenesse le promesse annunciate dai rispettivi politici, le emissioni pro-capite degli USA scenderebbero fino a portarsi a quelle della Cina entro il 2030; ma allora entrambi i Paesi avrebbero emissioni pro-capite doppie rispetto a quelle dell'Europa (sempre che la UE nel frattempo mantenga gli impegni) e quasi quattro volte più alte di quelle dell'India. Anche per questa ragione in molti sono convinti che, per le capacità economiche e tecnologiche che hanno e per le responsabilità climatiche accumulate, gli USA potessero avanzare una proposta più ambiziosa. Una stima recente fa infatti notare che le emissioni di gas serra statunitensi sono già calate del 21,5% tra il 2005 e il 2020, in parte per l'impulso delle rinnovabili e in parte per la pandemia.

E gli altri? Il governo inglese ha lustrato i precedenti obiettivi impegnandosi per un taglio di emissioni del 78% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2035; l'Australia non si è mossa da un tiepido 26-28% dai livelli 2005 entro il 2030, il Brasile ha apparentemente promesso la neutralità carbonica per il 2050; la Russia non ha preso impegni, ma almeno ha partecipato.

Si tireranno le somme alla Conferenza delle Parti sul Clima di Glasgow (COP26), a novembre. Sempre che non sia cancellata per covid.

23 aprile 2021 Elisabetta Intini
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