Roma, 27 apr. - (AdnKronos) - A livello globale le emissioni di gas serra nel 2014 e nel 2015 sono state sostanzialmente stabili, nonostante l’aumento del Pil di circa il 3% l’anno. In Italia invece nel 2015, dopo anni di calo (-20% al 2014 rispetto al 1990), le emissioni di gas serra sono aumentate di circa il 2,5%. E' quanto emerge dal Climate Report, elaborato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile secondo cui l’Italia, per attuare l’Accordo di Parigi, firmato a New York il 22 aprile scorso, deve definire una nuova Strategia energetica nazionale con obiettivi al 2030.
Dal rapporto emerge che l’incremento delle emissioni in Italia è dovuto alla crescita del Pil, al calo del prezzo del petrolio e del gas, all’aumento dei consumi energetici e quindi a un rallentamento delle politiche di efficienza energetica, a un’estate molto calda e all’interruzione della crescita delle fonti energetiche rinnovabili.
L’attuazione dell’Accordo di Parigi, spiega Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, "obbliga ad una svolta delle politiche climatiche, a tutti i livelli, compreso anche quello nazionale. Passando all’attuazione cresce la consapevolezza del maggiore impegno richiesto dal nuovo obiettivo dell’Accordo, per stare ben al di sotto dei 2°C , facendo sforzi verso 1,5°C. Prima si parte, prima si possono cogliere le opportunità di nuovi investimenti, di nuova occupazione, di sviluppo di una green economy richiesti e promossi dalle più incisive misure climatiche dell’Accordo di Parigi”.
L’Accordo di Parigi è stato reso possibile da un quadro mondiale in cambiamento: la Cina ha già cominciato a ridurre le proprie emissioni e nel mondo si sono fortemente sviluppate politiche e strumenti orientati in favore delle tecnologie a basso contenuto di carbonio. Nel 2015 gli investimenti mondiali nelle rinnovabili hanno raggiunto i 286 miliardi di dollari, +5% sull’anno precedente e sei volte quelli del 2004.
Una recente ricerca pubblicata sulla rivista Nature calcola che un terzo delle riserve di petrolio, metà delle riserve di gas e l’80% delle riserve di carbone dovrebbero rimanere inutilizzate per conseguire il target dei +2°C. Il passaggio a uno scenario a 1,5°C comporta all’incirca un dimezzamento del budget di carbonio a disposizione (500-600 Gt) e richiederebbe limitazioni ancora più severe nell’utilizzo delle riserve accertate di petrolio, di gas e di carbone.
Lo scenario compatibile con l’obiettivo 1,5°C sarebbe in Europa, ben più impegnativo di quello a 2°C e richiederebbe entro il 2030 una riduzione delle emissioni del 50-55% rispetto al 1990 (contro il 40% del pacchetto 2030 corrispondente al target dei 2°C) e quindi anche un aumento significativo dei target del 27% per le rinnovabili e per l’efficienza energetica.
Quanto all'Italia, nel 2015, dopo anni di calo, -20% al 2014 rispetto al 1990, secondo i dati elaborati dalla Fondazione, le emissioni di gas serra sono aumentate di circa il 2,5% Tra il 2005 e il 2012 l’Italia, nello sviluppo delle fonti rinnovabili, ha realizzato ottimi risultati sia pure con incentivi significativi, aumentando dall’8% a circa il 16% del consumo nazionale, facendo meglio della media europea e collocandosi fra i leader mondiali.
Ma nell’ultimo triennio, il quadro è notevolmente peggiorato: le rinnovabili sono passate dal 16,7% nel 2013 al 17,3% del 2015, con una crescita modestissima, dello 0,2% all’anno ed è diminuita la quota di elettricità da fonti rinnovabili passando dal 43% al 38% tra il 2014 e il 2015. Con questo passo l’Italia, pur avendo già raggiunto l’obiettivo europeo del 17% al 2020, sarebbe ben lontana dall’obiettivo europeo del 27% al 2030 e ancora di più dalla più impegnativa attuazione dell’Accordo di Parigi.
Collocando l’obiettivo della variazione di temperatura in una posizione intermedia - fra i 1,5°C e 2°C - con l’Accordo di Parigi, l’Italia al 2030 dovrebbe ridurre le emissioni di gas serra intorno al 50% rispetto al 1990: ciò richiederebbe un forte impegno nel risparmio e nell’efficienza energetica con una riduzione dei consumi attesi di circa il 40% e un raddoppio della quota di fonti rinnovabili, dal 17,3% a circa il 35% del consumo energetico finale al 2030 e nel solo comparto elettrico, le rinnovabili dovrebbero soddisfare almeno 2/3 della domanda di elettricità.
Il rapporto, infine, indica anche le politiche e le misure necessarie per attuare l’Accordo di Parigi: avviare una riforma della fiscalità in chiave ecologica introducendo una carbon tax e un processo di riallocazione degli incentivi ambientalmente dannosi senza aumentare il carico fiscale complessivo e riducendo la tassazione sulle imprese e sul lavoro; introdurre un sistema di carbon pricing, riconoscendo i costi effettivi dei combustibili fossili e consentendo, così, di incentivare le fonti rinnovabili senza pesare sulle bollette.
E ancora: rivedere gli strumenti a sostegno dell’efficienza energetica; mettere in atto politiche per lo sviluppo di una mobilità sostenibile, dando priorità di intervento alle aree urbane; sostenere il ruolo attivo nella lotta al cambiamento climatico dell’agricoltura; promuovere lo sviluppo di un’economia circolare, che consenta importanti risparmi anche di energia e quindi di emissioni di CO2 e sostenere l’innovazione e la ricerca orientata alla green economy.