Ecologia

La cintura di alghe che attraversa l'Atlantico per 9000 km

I satelliti hanno individuato la più imponente fioritura di microalghe mai documentata: si estende dall'Africa occidentale al Golfo del Messico, e sta diventando una minaccia per fauna oceanica e turismo.

Una coperta di alghe disseminata sulla superficie delle acque tropicali dell'Atlantico, dalle coste occidentali africane fino alle spiagge caraibiche: gli esperti l'hanno chiamata Grande cintura di Sargassi dell'Atlantico (Great Atlantic Sargassum Belt, GASB). Dal 2011 è diventata una presenza fissa - e sempre più ingombrante - nell'oceano.

La nuova normalità. Il sargasso (gen. Sargassum) è un genere di alga di colore marrone o verde scuro tenuta a galla da vescicole di gas simili a piccoli acini d'uva. Secondo gli scienziati dell'Università della Florida meridionale, che hanno studiato da satellite la sua distribuzione nel corso di due decenni, prima del 2011 la sua presenza nell'Atlantico equatoriale e nelle acque caraibiche era contenuta. Ma da quell'anno in poi, l'alga si è diffusa a macchia d'olio grazie a massicci eventi di fioritura, i più imponenti mai osservati.

A giugno 2018, all'apice della sua estensione, la cintura comprendeva 22 milioni di tonnellate di alghe disseminate su una porzione di mare lunga 9000 km, e si tratta di stime conservative, perché la risoluzione degli strumenti (1 km) non permette di rilevare gli aggregati più piccoli.

La crescita delle alghe nell'Oceano Atlantico
La clorofilla nel sargasso riflette gli infrarossi più efficacemente delle acque oceaniche circostanti: ecco perché la cintura di alghe è facilmente rilevabile da satellite. Le fioriture più massicce si sono verificate nel 2015 e 2018. © University of South Florida

Troppo invadente. Normalmente queste distese di alghe sono un rifugio per la fauna marina e contribuiscono a ossigenare gli oceani attraverso la fotosintesi. Ma la crescita esagerata, soprattutto nelle regioni costiere, può ostacolare il movimento e la capacità di respirare degli animali, perché impedisce di risalire in superficie. In più, quando si depositano sulle spiagge, formando uno strato che arriva al ginocchio, i sargassi marciscono in una distesa maleodorante capace di compromettere qualunque attività, dal turismo alla pesca.

La crescita delle alghe nell'Oceano Atlantico
Una concentrazione eccessiva di queste alghe minaccia la sopravvivenza della fauna acquatica, soprattutto in corrispondenza delle coste. © Shutterstock

Alghe dopate. Secondo Mengqiu Wang, coordinatrice dello studio pubblicato su Science, la "cintura" non ha origine nel Mare dei Sargassi (una distesa d'acqua dove queste alghe sono particolarmente diffuse ma che si trova più a nord, tra le Grandi Antille e le Azzorre): piuttosto, è frutto dello sviluppo abnorme di macchie di sargassi che si formano naturalmente nelle acque tropicali. Queste distese locali risulterebbero ora ingigantite per due fenomeni, in particolare: l'immissione di acque ricche di nutrienti dal Rio delle Amazzoni e le correnti oceaniche profonde in risalita al largo dell'Africa occidentale.

Un insieme di cause. L'aumento della deforestazione e dell'utilizzo di fertilizzanti nelle regioni amazzoniche potrebbero aver contribuito al fenomeno, che sembra anche favorito dalle temperature moderate e dalla presenza di "semi" di fioriture precedenti: in pratica è più facile assistere a un nuovo boom di alghe, se ce ne è stato uno anche l'anno precedente. I cambiamenti climatici potrebbero inoltre influire sulla portata della risalita di acque fredde e ricche di nutrienti al largo dell'Africa, attraverso alterazioni nella piovosità o nella portata dei venti.

Domande irrisolte. Ma come ricordato in un articolo sull'Atlantic, sono ancora molti gli aspetti non chiari: se c'è una sovrabbondanza di fertilizzanti, perché allora le altre alghe non crescono in modo anomalo? Questo nuovo tipo di sargasso è diverso, dal punto di vista genetico? Che ruolo ha il rialzo della temperatura superficiale oceanica, e perché questo improvviso squilibrio ecologico?

10 luglio 2019 Elisabetta Intini
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