Ecologia

Cinque grammi alla settimana: le microplastiche che mangi e bevi

Nell'arco di 7 giorni assumiamo insieme ad acqua e cibo l'equivalente in frammenti di plastica del peso di una carta di credito: 250 grammi all'anno, che transitano nell'organismo con effetti poco noti sulla salute.

Ciascuno di noi potrebbe ingerire in media 5 grammi di frammenti di plastica ogni settimana: messi sul palmo della mano peserebbero circa quanto una carta di credito.

Lo dice l'analisi No Plastic in Nature: Assessing Plastic Ingestion from Nature to People commissionata dal WWF all'Università di Newcastle, Australia. Il lavoro, una revisione scientifica di 52 precedenti studi sul tema, al momento in fase di peer-review, è il primo ad elaborare una stima del peso delle microplastiche che entrano nell'organismo, un passo importante per conoscere gli effetti di questo tipo di residuo sulla salute umana.

Focus 322 - Plasticene: inchiesta sulle plastiche
Per approfondire - L'inserto su Focus 322, Maledetta, straordinaria plastica, di Vito Tartamella, è interamente dedicato a questa invenzione che ci ha cambiato la vita, ma che adesso sta inquinando il Pianeta e il nostro corpo. © Focus

plastica da bere. Attraverso liquidi e cibo inglobiamo in media 2000 microframmenti di plastica alla settimana, per un totale di 21 grammi ogni mese, 250 grammi all'anno. La maggior parte di queste particelle proviene dall'acqua in bottiglia o del rubinetto: il terrestre medio potrebbe consumare ogni settimana 1.769 particelle di plastiche, soltanto bevendo acqua (indipendentemente dal tipo).

Tra i prodotti acquistati, i più contaminati sembrerebbero bivalvi, birra e sale. I molluschi con guscio sono infatti consumati interi, sistema digerente incluso, e dopo una vita trascorsa in un mare inquinato. In media introducono nell'organismo umano 182 frammenti di plastica ogni settimana.

Microframmenti di plastica raccolti in mare. Guarda l'istante in cui la plastica entra nella catena alimentare © Algalita Marine Research Foundation

Margine di errore. Gli scienziati precisano di aver adottato un approccio conservativo, per minimizzare il rischio di scenari poco realistici che potrebbero creare allarmismi nella popolazione, e lasciare scettici i decisori politici. Tra le fibre "ingeribili" sono state considerate soltanto le microparticelle di massa compresa tra 0 e 1 millimetro, e comunque per questo tipo di inquinamento esiste un'ampia variabilità geografica: per esempio l'acqua del rubinetto di Stati Uniti e India è due volte più inquinata di residui di plastica di quella di Europa e Indonesia.

Lo studio non ha inoltre considerato, tra le possibili fonti dirette di fibre di plastica, prodotti per i quali non c'erano dati a sufficienza, come spazzolini da denti (che potrebbero rilasciare fibre nel cavo orale), latte, riso, pasta, packaging alimentare: le stime potrebbero quindi essere al ribasso.

Gli effetti delle microplastiche sulla salute umana non sono noti, ma una cosa è certa: una volta entrate nell'organismo, non possono essere rimosse. L'unico modo per ridurle è limitare l'inquinamento da plastica sin dall'origine.

18 luglio 2019 Elisabetta Intini
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