All'indomani della partenza dell'esercito russo da Chernobyl, i racconti sui rischi personali e collettivi corsi dalle truppe si mescolano alle preoccupazioni sull'impatto che l'occupazione militare potrebbe aver avuto, o avere in futuro, sulla vita animale attorno alla centrale.
La zona di esclusione di Chernobyl, un territorio nel raggio di 30 km dall'impianto nucleare interdetto all'accesso umano era diventata, dopo il disastro del 1986, la dimostrazione di come la natura si riprenda i suoi spazi in scenari post-apocalittici, e l'occasione per studiare gli effetti sui viventi dell'esposizione prolungata a radiazioni. Ora questo precario e ritrovato equilibrio è stato disturbato dall'uomo - un'altra volta.
Chernobyl occupata. Il 24 febbraio 2022 l'esercito russo è entrato nella zona di esclusione di Chernobyl dal vicino confine bielorusso. Ha preso il controllo della centrale, sequestrato un centinaio di addetti alla sua sicurezza e iniziato un trattamento scellerato della Foresta Rossa di Chernobyl, l'area più contaminata attorno all'impianto: in questa distesa di pini nel raggio di 4 km dal compless, resta una radioattività residua di 0,4 millisievert all'ora, migliaia di volte più elevata dei tipici livelli di radiazione che gli esseri viventi riescono a tollerare senza conseguenze.
Immersi nelle radiazioni. Se i timori per un temporaneo blackout alla centrale, lasciata senza riserve di diesel, sono poi rientrati (l'elettricità è necessaria per raffreddare le piscine che conservano le barre di combustibile esausto), non si può dire altrettanto per il trattamento del suolo radioattivo attorno al complesso, rimosso con i bulldozer, scavato per costruire trincee, sollevato dai cingoli dei carri armati.
A 36 anni dal disastro di Chernobyl, la radioattività residua in buona parte della zona di esclusione non è superiore a quella di norma incamerata in un volo intercontinentale. Tuttavia, restano alcuni "punti caldi" nella Foresta Rossa dove la radioattività sale di migliaia di volte: trascorrendo un'ora o due immersi in questo suolo, come si fa quando si vive in trincea, si rischia di accumulare radiazioni eccedenti la soglia da non oltrepassare in un anno.
Gli isotopi più pericolosi e cancerogeni - il cesio 137, lo stronzio 90 e vari isotopi del plutonio - si erano nei decenni affossati sotto decine di centimetri di suolo, dove rappresentavano un pericolo relativamente basso e dove avrebbero dovuto continuare a trascorrere le loro emivite per centinaia di anni. Fino all'arrivo dei russi si temeva al massimo che queste sostanze venissero assorbite dai muschi, dagli invertebrati del suolo e dalle radici, e poi eventualmente diffuse nell'aria attraverso gli incendi spontanei nella foresta.
Ma ora che il suolo superficiale è stato rimosso e che la zona è stata in più punti bruciata, i livelli di radiazioni risultano, in alcune aree occupate dai russi, più elevati di prima.
Lavoro in fumo. Al di là del rischio radioattivo e del fatto che la fauna di Chernobyl potrebbe ormai aver imparato a convivere con i residui del disastro nucleare, anche la perdita scientifica dovuta all'invasione è enorme. I ricercatori ucraini che lavoravano nell'area sono sfollati, arruolati o rifugiati nei bunker di città sotto assedio, e i loro esperimenti distrutti e contaminati. Solo per citare alcune perdite di lavoro, se ne sono andati un esperimento che studiava l'abbondanza di mammiferi nella zona di esclusione, un progetto sugli effetti delle radiazioni sul microbioma di animali selvatici e una collaborazione con la NASA per capire la capacità di adattamento delle piante all'esposizione cronica a radiazioni (cosa che si verificherebbe sempre, per le coltivazioni fatte crescere nello Spazio).
Una seconda diaspora. Soprattutto, potrebbe essersene andato per sempre quell'ecosistema rinato dalle ceneri nucleari che sembrava proliferare in pace allontanato l'uomo. Il sito stesso della Foresta Rossa potrebbe risultare danneggiato in modo permanente. I biologi esperti del luogo sospettano infatti che la presenza umana, a cui la fauna aveva perso l'abitudine, e i rumori dei combattimenti possano aver provocato la fuga degli animali nelle foreste vicine. Era accaduto qualcosa di simile durante i rumorosi lavori di decontaminazione a Fukushima, anche se l'esodo della fauna era stato provvisorio. Fukushima però non era stata disseminata di mine antiuomo, eredità che si teme possa essere stata lasciata a Chernobyl.