Un ricercatore indipendente e documentarista ha realizzato un video, con un livello di dettaglio straordinario, che mostra un piccolissimo organismo planctonico mentre ingerisce una microfibra di plastica.
Il protagonista del filmato (vedi sotto) è un chetognato (Chetognatha), un animaletto trasparente a forma di freccia che, con le sue circa 120 specie note, costituisce un'importante componente del plancton. «Quando ho visto quel che stava accadendo, e proprio davanti ai miei occhi», commenta l'autore, Richard Kirby, «filmarlo è stato automatico: ecco ciò che spero tutti vedano, per capire che cosa per davvero accade con le plastiche che finiscono in mare. Molti pensano che il problema sia esclusivamente quello dei sacchetti o di altri piccoli oggetti d'uso comune, casualmente "mangiati" da balene, foche, uccelli o altri animali, ma non è così: quello che mostra il filmato è ancora più grave ed è per lo più finora sfuggito e alle nostre valutazioni. Piccolissime fibre che finiscono all'interno di un altrettanto piccolo organismo alla base della catena alimentare che parte dal mare...»
Quello della plastica è un problema molto serio. Si stima che ogni anno milioni di tonnellate di plastica “scompaiano” dal pianeta perché ingeriti da organismi viventi, casualmente, indirettamente o perché scambiata per cibo. Per le Nazioni Unite questo è uno dei più gravi problemi di inquinamento del pianeta: una recente ricerca ha rilevato una media di circa 46.000 frammenti di plastica in mare ogni due chilometri e mezzo di superficie.
A ciò si aggiunge il problema delle microparticelle e delle microfibre, meno noto e meno documentato per via delle dimensioni minime del materiale in questione.
Che cosa fare? Kirby ha sottolineato che quel che si osserva nel filmato non è in sé un evento eccezionale: si può anzi facilmente osservare portando sotto al microscopio acqua di mare ricca di plancton...
Le microfibre, dello spessore di un capello e di lunghezza inferiore ai 5 millimetri, vengono, probabilmente, per lo più dal lavaggio di vestiti e biancheria: non vengono intercettate né dai filtri delle lavatrici né dagli impianti di depurazione. Perciò prima o poi finiscono, inevitabilmente, in mare.
È un problema molto complesso (vedi anche questo approfondimento su Focus.it): servirebbe una nuova generazione di filtri e di impianti di depurazione, e anche nuove soluzioni tecnologiche da adottare a monte, nella produzione di abbigliamento capace di disperdere meno o per nulla.