Ecologia

Caro decommissioning, ecco quanto ci costano i ritardi

per ogni anno di allungamento dei tempi, 5-10 mln di euro in più a sito, li paghiamo in bolletta

Roma, 7 ago. - (AdnKronos) - Caro decommissioning, quanto ci costi? Slittamenti, ritardi, allungamento dei tempi e intoppi hanno puntellato sin dall'inizio l'iter verso lo smantellamento degli impianti nucleari sia che si tratti di raggiungere l'obiettivo del "green field" (cioè dell'area bonificata e libera da ogni residua radioattività) sia che si tratti, più modestamente, di portare a casa almeno il "brown field" (smantellamento dell’impianto ma mantenimento dei rifiuti sul sito stesso, entro strutture di deposito già esistenti o da realizzare).

E i costi, forse non tutti lo sanno, li paghiamo direttamente in bolletta. E per ogni anno di allungamento dei tempi, l’incremento dei costi è tra cinque e dieci milioni di euro per ciascun sito, a seconda del sito. A ripercorrere la vicenda è la Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella bozza di Relazione sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia e sulle attività connesse, relatori gli onorevoli Dorina Bianchi e Stefano Vignaroli, appena pubblicata.

Ripercorriamo la vicenda: se l'Enel prevedeva svariati decenni di attesa prima di avviare il vero e proprio smantellamento degli impianti, la Sogin inizialmente fissò in 20 anni il termine per il rilascio finale dei siti, liberi da ogni residua radioattività, presupponendo la disponibilità del deposito nazionale in cui trasferire i rifiuti radioattivi e su questa linea si sono mossi i suoi programmi.

Ma se nel 2006 per il rilascio finale dei siti (green field) si prevedeva costi totali di 4,35 miliardi, già nel 2008, preso atto dei ritardi accumulati e delle complicazioni relative al deposito nazionale, la Sogin rivedeva in modo sostanziale i programmi, puntando all'obiettivo "brown field". Tempi leggermente accorciati visto che anche l'obiettivo si è ridimensionato, ma costi che salgono a 5,2 miliardi di euro.

Nel 2011 i programmi sono stati ulteriormente rivisti, indicando sia la data di raggiungimento della condizione di brown field (con un generale slittamento rispetto alle previsioni 2008) sia di green field, e anche i costi: 6,7 miliardi di euro. Insomma: a fronte degli slittamenti dei tempi, la previsione dei costi è aumentata del 20% circa nel 2008 e del 29% circa nel 2011.

I costi connessi al decommissioning degli impianti nucleari, compresa la gestione dei rifiuti radioattivi, sono inclusi tra gli oneri generali del sistema elettrico e sono posti a carico dei clienti finali del sistema stesso, attraverso una specifica componente tariffaria (A2), la cui entità è periodicamente determinata dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas ed è oscillata negli anni intorno a un valore medio dell’ordine di un decimo di centesimo di euro per chilowattora consumato.

Con la stessa componente tariffaria verranno coperti anche i costi di realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, costi stimati intorno a 1,5 miliardi di euro, come detto finanziati con la componente A2, oltre a un miliardo di euro per il “parco tecnologico” in cui il deposito stesso dovrebbe essere inserito, da finanziare con strumenti differenti.

7 agosto 2015 ADNKronos
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