Ecologia

Carne coltivata in laboratorio: è una buona notizia per gli animali?

La carne coltivata in vitro senza macellazione animale non risolve del tutto i problemi etici legati alle nostre abitudini alimentari: ecco perché.

Nei ristoranti di Singapore si potranno presto consumare nuggets di pollo ottenuti da carne coltivata in laboratorio, a partire da cellule animali prelevate senza macellazione di bestiame. Si auspica che altri Paesi possano seguire questo esempio, anche se sull'accettabilità (e sul prezzo) di questi prodotti bisognerà molto lavorare: attualmente il costo della carne coltivata in vitro è equiparabile a quello di piatti di carne "da ristorante", non alla portata di tutti.

Punti controversi. Al di là delle questioni pratiche e dei benefici ambientali della carne "in provetta", che abbatterebbe drasticamente il consumo di suolo e le emissioni di metano, restano però alcuni dilemmi etici che l'avvento delle bistecche in vitro non risolve del tutto. Uno di questi, probabilmente di più facile risoluzione, riguarda l'utilizzo di siero fetale bovino (un liquido ottenuto dai feti di femmine gravide di bovino nel processo di macellazione, e sfruttato anche nella ricerca biomedica) come mezzo per nutrire e far moltiplicare le cellule alla base delle future fibre di carne. Eat Just, la start-up californiana che coltiverà i nuggets di pollo per Singapore, ha fatto sapere che nella prossima linea di produzione sostituirà il siero bovino con prodotti vegetali.

così cambia poco... C'è però una seconda questione, più filosofica: polpette e hamburger coltivati in vitro cambieranno il nostro modo di pensare alla carne? Se in molti, tra coloro che difendono i diritti degli animali, si esprimono a favore di questa soluzione, che non prevede la sofferenza di altre creature per soddisfare il nostro appetito, e neppure crea le condizioni ideali per minacce alla salute come l'avanzata dell'antibiotico-resistenza o nuove possibili pandemie, altri invece considerano la carne coltivata una inutile pezza su un problema molto più complesso.

Secondo chi avanza queste critiche, a cambiare dovrebbe essere il nostro rapporto con la carne e non il modo di produrla. Come ben spiegato su The Conversation, mangiare carne implica l'affermazione di una sorta di senso di superiorità dell'essere umano rispetto agli animali di cui si nutre. Per superare questa concezione bisognerebbe immaginare un mondo in cui gli animali siano davvero "liberati", e non semplicemente un modo alternativo per riaffermare la centralità della carne nell'alimentazione, nell'economia e nella cultura. Per i fautori di questa linea più intransigente di pensiero, la possibilità di coltivare carne in laboratorio rischia di far passare il messaggio che pur di non rinunciare alla carne siamo disposti a procedimenti molto complessi e molto costosi.

Intanto, iniziamo. Una visione di compromesso accoglie invece l'arrivo in commercio della carne coltivata come una notizia positiva, anche se non la soluzione definitiva. Per alcune delle persone che hanno scelto un'alimentazione vegana o vegetariana, la carne coltivata in laboratorio è comunque la visione, in prospettiva, di una società in cui il consumo di carne sarà sempre più ridotto. In molte realtà la carne rappresenta una pietanza di valore, un comfort food associato a momenti di festa - com'era una volta, quando in pochi potevano permettersela. È possibile che la carne coltivata in laboratorio possa favorire questo ritorno alla carne come piatto speciale, da concedersi più raramente, all'interno di una dieta più sostenibile per il Pianeta.

25 dicembre 2020 Elisabetta Intini
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