Ecologia

Se a cani e gatti diamo le crocchette (anziché cibo umido) forse è meglio per il Pianeta

Il cibo umido per cani e gatti avrebbe un impatto ambientale sette volte peggiore rispetto a quello secco. Ma non tutti gli scienziati sono d'accordo. Vediamo perché.

Nella scelta di cosa mettere nella ciotola dei nostri familiari a quattro zampe dovrebbe pesare anche il fattore ambientale. Secondo uno studio solo apparentemente marginale, il cibo umido per cani e gatti ha un impatto 7 volte peggiore, in termini di emissioni dannose, rispetto a quello secco. La ricerca pubblicata su Scientific Reports fa luce su un aspetto poco dibattuto degli effetti della produzione di cibo sul Pianeta, quello relativo agli alimenti per animali.

Come un umano o quasi. In base ai calcoli di un gruppo di scienziati della Scuola di medicina veterinaria e di scienze animali dell'Università di San Paolo (Brasile), a parità di apporto calorico, la produzione di cibo in lattina o in busta per cani e gatti genera il 690% di gas serra in più di quella delle crocchette, in virtù del maggiore contenuto di proteine animali degli alimenti umidi. Si tratta di un impatto ambientale più importante di quanto si immagini: un cane di 10 kg di peso che seguisse una dieta soltanto a base di cibo in scatola avrebbe un'impronta carbonica quasi equivalente a quella di un uomo, se si considerano soltanto le emissioni derivanti dal consumo di cibo.

Che cosa c'è dentro? A causa soprattutto dell'esorbitante costo ambientale degli allevamenti animali, la produzione di cibo è, da sola, responsabile del 26% delle emissioni globali di gas serra. Poiché il numero di bocche di cani e gatti da sfamare è in aumento - ci sono 133 milioni di gatti e 156 milioni di cani soltanto tra USA, Cina e Brasile - gli autori dello studio si sono chiesti quale sia il contributo in tutto questo degli alimenti per animali.

Gli scienziati hanno passato in rassegna gli ingredienti presenti in 940 tipi di cibi per cani e gatti prodotti in Brasile e le loro proporzioni nelle ricette. Hanno considerato gli alimenti umidi, quelli secchi, quelli preparati a mano da chef professionisti utilizzando ingredienti pensati per il consumo umano e quelli impiegati nelle ricette casalinghe più diffuse in Rete. In totale sono stati analizzati 212 ingredienti con le loro emissioni di gas serra, zolfo e fosfati, il consumo di suolo e l'utilizzo di acqua dolce. L'impronta ambientale totale è stata calcolata per ogni 1.000 kilocalorie di cibo.

Piatti a confronto. Prendiamo il nostro amico Fido costantemente affamato di una decina di kg di peso: tralasciando per un attimo gli aspetti nutrizionali e la necessità di una dieta bilanciata, se ipotizzassimo di alimentarlo soltanto con cibo secco, in un anno il suo menu sarebbe responsabile di un impatto sul riscaldamento globale di circa 830 kg di CO2 equivalente, pari a circa il 12,4% di quello di un cittadino brasiliano medio a tavola.

Se quello stesso cane fosse nutrito invece soltanto con cibo umido, le sue emissioni passerebbero a circa 6.500 kg di CO2 equivalente. Se tutti i cani del Brasile seguissero questa stessa dieta, il loro cibo sarebbe all'origine di quasi un quarto delle emissioni totali del Paese.

Più carne e pesce. Una bella differenza. Ma da cosa dipende? Il contenuto d'acqua non c'entra, perché i ricercatori hanno misurato l'impatto sulla parte asciutta dei prodotti. A contare è piuttosto la proporzione degli ingredienti: gli alimenti in busta o in lattina includono una quantità maggiore di proteine (mentre l'impatto di quelli preparati a mano si colloca a metà tra i due mondi, umido e secco). Ma non tutti gli scienziati sono d'accordo sulle conclusioni: per alcuni i numeri dello studio potrebbero essere esagerati perché non tengono conto dell'utilizzo di sottoprodotti come sangue o frattaglie animali nella produzione dei cibi per animali. Ingredienti nobili ma non destinati al consumo umano, e con un impatto ambientale minore dei tagli di carne pregiati.

Questione di gusti! Insomma per cibi per animali più eco-friendly servirebbero nuove strategie, come ricavare proteine da fonti alternative (che ne penserebbero cani e gatti, degli insetti?). Lo studio non ha tenuto conto delle emissioni legate al packaging, un capitolo a parte e probabilmente non trascurabile.

25 novembre 2022 Elisabetta Intini
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