Uno studio pubblicato su Nature Geosciences dimostra come nel corso dell'ultimo secolo la disponibilità di acqua durante le stagioni secche, pur essendo aumentata in alcune regioni, è fortemente diminuita per il 60 per cento delle terre emerse lontane dai tropici. Di questa situazione stanno soffrendo l'Europa, l'Asia settentrionale, il Nord America occidentale, le Ande settentrionali, il Sud America meridionale, l'Africa orientale e l'Australia. A fare da contraltare, è aumentata in altre parti del Pianeta, per esempio nell'entroterra cinese, in Asia sud-orientale e nel Sahel.
Paradossalmente, a creare ed alimentare il problema non è la diminuzione delle precipitazioni, che, anzi, in alcune regioni è aumentata, bensì un forte aumento dell'evapotraspirazione, ossia di quella quantità d'acqua che (in un determinato periodo di tempo) dal suolo passa nell'aria allo stato di vapore, sia per via della traspirazione delle piante, sia per evaporazione direttamente dal terreno.
Lo studio mette in evidenza il fatto che tutto ciò non può essere spiegato dalla variabilità naturale del pianeta: resta dunque solamente la possibilità che sia l'uomo ad aver alterato la situazione naturale.
Come sono arrivati i ricercatori a queste conclusioni? Lo spiega uno dei ricercatori, Daniele Peano, della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC, Bologna): «Attraverso vari tipi di simulazioni al computer abbiamo paragonato quale poteva essere la disponibilità d'acqua nel mondo in tre diversi momenti: nel 1850, ossia nel periodo preindustriale; come lo osserviamo oggi, legato cioè sia alle variazioni naturali sia a quelle indotte dall'uomo; e infine nel mondo che avremmo avuto oggi se la variabilità naturale fosse stato l'unico fattore a influire sul clima e l'uomo avesse avuto un ruolo molto limitato. I modelli mostrano tutti che l'inizio del secolo che stiamo vivendo sarebbe stato molto diverso se non ci fosse stata di mezzo l'azione dell'uomo, e il mondo preindustriale non sarebbe stato così differente da quello di oggi senza l'influenza delle attività umane sul clima. Questo metodo si è risolto nell'esclusione di un impatto significativo della variabilità naturale: l'influenza umana resta l'unica spiegazione per la variazione di disponibilità d'acqua terrestre dal periodo preindustriale a oggi».
Lo studio ha preso in considerazione i cambiamenti nella disponibilità media globale di acqua sulla terraferma, definita dalla differenza tra precipitazioni ed evapotraspirazione nel periodo che va dal 1902 al 2014, con particolare attenzione ai dati del mese più secco del periodo 1902-1950 e il recente trentennio 1985-2014.
In questo lasso di tempo la temperatura media globale del Pianeta è aumentata di circa 1 grado centigrado.