Ecologia

'Beauty footprint', conosciamo solo il 10% dell'impatto ambientale dei cosmetici

Adnkronos fa il punto con studiosi ed esperti. Dorato (Cosmetica Italia): norma Ue tutela la sicurezza per l'uomo e per l'ambiente

Roma, 27 mag. (AdnKronos) - Creme, oli, gel. Rossetti, fondotinta e smalti. Migliaia di flaconi e tonnellate di prodotti per un mercato che in Italia vale circa 9.400 milioni di euro. Tutte sostanze che finiscono prima sulla pelle e, poi, attraverso le acque reflue, nell'ambiente. Ma con quali conseguenze? Quanto sono eco-friendly i gesti quotidiani dedicati alla bellezza? Le sostanze che compongono creme, saponi e prodotti vari che effetto hanno sull'ecosistema marino? Adnkronos ha chiesto a esperti e operatori di 'misurare' l'impatto dei cosmetici.

Gli effetti delle migliaia di ingredienti che compongono questi prodotti restano un'incognita. "Noi abbiamo conoscenze forse per il 10%. Per il 90% non abbiamo ancora conoscenze adeguate. Le emissioni di questo genere di sostanze che arrivano soprattutto attraverso le acque di scarico urbane, e che in gran parte i sistemi di depurazione urbani non trattengono, è un problema enorme che si sta studiando ma le conoscenze sono ancora poche e vanno indagate sostanze per sostanza", spiega Marco Vighi, professore del dipartimento di Scienze dell'ambiente e del territorio dell'Università di Milano Bicocca. "Nei cosmetici - continua l'ecotossicologo - ci sono una quantità enorme di sostanze, tra eccipienti e principi attivi. Tutte, se finiscono nell'ambiente in quantità rilevanti, possono determinare degli effetti nocivi perché l'ambiente non è abituato a recepirle".

Di fatto un'attenzione su certe sostanze esiste e c'è chi invita a considerare l'effetto di alcuni ingredienti molto utilizzati nel settore. Fabrizio Zago, chimico industriale, consulente Ecolabel e creatore del Biodizionario, punta il dito sui derivati petroliferi, "materiali fossili e quindi non rinnovabili" che "non sono biodegradabili, impattano sugli organismi acquatici e possono contenere delle sostanze molto pericolose"; sui siliconi, "scarsamente o per nulla biodegradabili"; sul sequestrante edta che "non è biodegradabile e, raggiunti i depositi marini, solubilizza metalli pesanti ed avvelena l'acqua circostante"; e sui peg che "possono contenere diossano".

Uno studio dell'Università Politecnico delle Marche ha evidenziato come le creme solari siano una minaccia per i coralli. "La ricerca pubblicata nel 2008 in Environmental Health Perspective dopo circa 10 anni di studi è stata condotta in diverse barriere coralline del mondo, Messico, Thailandia, Indonesia, Mar Rosso, che hanno mostrato come tutte le creme solari testate causassero un rapido sbiancamento dei coralli", spiegano il professore Roberto Danovaro e la ricercatrice Cinzia Corinaldesi, del Dipartimento Scienze della Vita e dell'Ambiente dell'ateneo di Ancona. "La ricerca ha dimostrato che l'effetto non era dovuto solo alla tossicità nel senso classico ma anche al fatto che aumentava l'infezione virale uccidendo le alghe simbionti dei coralli - chiarisce - Inoltre sono stati identificati anche i singoli ingredienti contenuti nelle creme solari responsabili dello sbiancamento dei coralli, tra i quali alcuni filtri chimici come Benzofenone-3, Octilmetossicinnamato, metilbenzilidene canfora e il conservante butilparabene".

"L'impatto dei prodotti cosmetici sull'ambiente, in particolare su quello marino, è una delle forme di inquinamento più recentemente riconosciute e più preoccupanti. Anche a bassissime concentrazioni, gli ingredienti dei cosmetici mostrano effetti biologici molto forti sulla vita acquatica, in gran parte sconosciuti", sottolineano Danovaro e Corinaldesi ricordando che l'Università ha creato lo 'spin off' Ecoreach che ha sviluppato prodotti solari eco-friendly.

Lo studio del 2008 ha contribuito ad aumentare la consapevolezza dell'importanza di utilizzare dei cosmetici che rispettino l'ambiente. Ma attenzione a non confondere naturale con buono. Anche prodotti definiti biodegradabili e/o biologici potrebbero risultare dannosi. Per l'ecotossicologo Vighi, "di norma, ma non è una regola assoluta, sostanze di origine naturale hanno un livello di permanenza minore di quelle xenobiotiche (estranee all'ambiente, ndr). Ma pensare che ciò che è naturale sia sempre buono non è vero". Zago, esperto del Comitato scientifico di Skineco, invita a fare attenzione, ad esempio, "all'apparentemente innocuo olio di semi di alloro, usato per la produzione del sapone di Aleppo, che è estremamente tossico. Come l'olio di melissa. Quindi l'autoproduzione in mancanza di opportune conoscenze scientifiche è un errore madornale".

L'industria cosmetica cosa dice? Stefano Dorato direttore Relazioni scientifiche e normative di Cosmetica Italia getta acqua sul fuoco. "Per quanto riguarda la sicurezza per l'uomo tutte queste sostanze sono sottoposte a valutazione da parte del comitato scientifico europeo e ogni cosmetico è obbligato ad avere il Product Information File (Pif, ndr) e il Cosmetics Safety Report che riguardano la sicurezza degli ingredienti", spiega Dorato. Quindi elenca: "Il diossano nei peg potrebbe essere presente in quantità limitate o in tracce che non possono creare problemi alla salute umana né all'ambiente".

Mentre le creme solari, ricorda, sono prodotti "utilizzati per evitare il melanoma e il cancro della cute". Più in generale, è la considerazione dell'esperto, "ci sono sostanze per le quali esiste un accumulo che deriva dalla presenza quasi ubiquitaria in tanti altri prodotti usati dal consumatore. Quindi la quota da parte del cosmetico è minore rispetto ad altri prodotti di largo consumo". Come "l'edta che non ha un impiego così diffuso nel settore". In termini di sostenibilità ambientale, "i problemi non sono legati solo al problema delle fonti non rinnovabili del petrolio ma anche all'utilizzo di derivati vegetali" che impiegati in modo non corretto possono "danneggiare le biodiversità".

Ma cosa stabilisce la legge? La disciplina europea sui prodotti cosmetici è contenuta nel regolamento 1223/2009 che, in merito alle preoccupazioni di ordine ambientale, fa riferimento al Reach che disciplina l'impiego delle sostanze chimiche sul mercato europeo.

Per i ricercatori Danovaro e Corinaldesi, però, sul tema c'è "ancora molto da fare. Ci sono tante sostanze registrate il cui effetto ambientale, soprattutto quando combinato con altre sostanze chimiche, è ancora sconosciuto, senza pensare al fatto che ingredienti non permessi dall'Ue vengono ancora utilizzati in altri Paesi del mondo. Inoltre, i saggi tossicologici previsti sono in genere uno strumento largamente superato dalla ricerca scientifica: non si deve aspettare che gli organismi muoiano per capire che l'effetto di una sostanza potrebbe essere negativo per l'ambiente". La sensibilità per l'impatto ambientale, oltre che per la salute, di prodotti di così largo consumo come i cosmetici è sempre più diffusa e anche il legislatore si sta muovendo. Lo dimostrano i due progetti di legge all'esame delle Commissioni Ambiente e Attività Produttive della Camera per una certificazione ecologica dei prodotti cosmetici.

27 maggio 2015 ADNKronos
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